Una storia lunga ormai 11 anni La sicurezza di Cellino: «Porterò il Cagliari a Elmas». Intanto c’è chi guarda già al piano B
ANTONELLO DEIDDA
CAGLIARI. Il presidente del Cagliari calcio Massimo Cellino è stato categorico: «Regalerò un nuovo stadio ai tifosi, così finalmente ce ne andremo da quello schifo del Sant’Elia: mi vergogno di far giocare la squadra lì». Peccato che la promessa non ha ancora una data: quei cattivoni dell’Enac, il presidente Riggio in testa, hanno detto che «vicino alla pista di atterraggio dell’aeroporto di Elmas lo stadio non si farà mai». E per Cellino il tempo inizia a scarseggiare: a parte i via libera di alcuni enti (ma solo Elmas ha dato l’ok), a settembre scadono i termini per la concessione dei finanziamenti del Credito sportivo (19 milioni di euro), senza i quali forse il progetto non partirà neppure perché lo stesso Cellino ha detto «o Elmas o morte». È una telenovela il nuovo stadio che dovrà mandare in pensione il glorioso Sant’Elia e visti i protagonisti è probabile che a breve ci saranno altre puntate, magari condite da una bella sfilza di polemiche. Perchè sono undici anni che si va avanti a forza di discussioni intorno al Sant’Elia che deve essere salvato o buttato giù, con il conseguente trasferimento della squadra di calcio. Il risultato è che resta tutto fermo. Era il 7 dicembre del 2000, amministrazione Delogu, e il consiglio comunale si divide su una frase del presidente del Cagliari: «La squadra ha bisogno di uno stadio migliore, di un impianto adeguato ai tempi e al calcio che cambia». Frase solenne, che apre immediatamente la discussione (non solo tra le forze politiche ma anche tra gli sportivi) sullo stadio dello scudetto, un impianto che al momento dell’inaugurazione (agosto 1970) poteva contenere 60mila spettatori e che con la successiva ristrutturazione per i mondiali del Novanta sarebbe sceso a circa 40mila. Due schieramenti, chi pensava che uno stadio con appena 30 anni di vita non dovesse essere abbandonato e chi riteneva il momento giusto per regalare a Cagliari qualcosa di meglio.
Lo stadio supermarket. Per correttezza e per carità di patria occorre ricordare che la prima idea di Cellino era quella di non muoversi da Sant’Elia ma di creare una struttura che comprendesse non solo il campo di calcio ma anche centri commerciali, negozi, palestre, uffici e chissà che altro. Sport e commercio: un bel progettino «chiavi in mano» da gestire in solitario che incontra però l’opposizione di chi ritiene che un bene pubblico non può essere regalato (letteralmente) ad un privato. Qualcuno ricorda ancora le feroci critiche in consiglio e alla fine è stato lo stesso Cellino a lasciar perdere.
Lo stadio del Comune. Sono passati due anni e intanto a luglio del 2002 è stato necessario un restyling del vecchio Sant’Elia: le strutture in cemento di curve e tribune mostrano segni preoccupanti di cedimento e si rende necessario intervenire, eliminando la pista di atletica appena rifatta. Ecco lo stadio in tubi Innocenti, curve e distinti in metallo e tribuna centrale in cemento come in origine. Un effetto bruttissimo, chi viene a giocare a Cagliari ha i brividi. Gli spettatori sono a un passo dal campo e ci scappa pure l’invasione. Doveva essere una soluzione temporanea, ma i tubi Innocenti sono ancora lì: ogni anno di questi tempi si assiste al balletto di sopralluoghi e verifiche per il via libera al campionato. Alla fine il Cagliari è costretto a chiedere la solita deroga per giocare. Ma questa è un’altra storia, ritorniamo indietro. Nel 2003, prima giunta Floris, il Comune si mette in testa che può fare da solo. Tre le proposte: ricostruzione, ristrutturazione e e demolizione, 72, 30 e 40 milioni di euro rispettivamente. Cellino inizia a dare segni di nervosismo ma poi si rasserena perchè capisce che lo stadio del Comune ha le ore contate. Si punta ad agganciare la legge per i nuovi stadi in discussione in Parlamento e nel gennaio del 2010 dopo una terribile notte in giunta, nasce una delibera che impegna ad acquisire il progetto di massima del Cagliari e dare il via al nuovo impianto sulle ceneri del vecchio. Il Consiglio si spacca, non se ne fa nulla.
Il progetto. Il tira e molla con Cellino arriva alla fine e per la seconda giunta Floris il problema del nuovo stadio converge con il futuro prossimo venturo del Sant’Elia, sul quale non viene investita però una lira che è una. Tutto finito? Macchè, un giorno di settembre del 2010 Cellino convoca una conferenza stampa a Elmas e annuncia: «Ho acquistato i terreni dove costruire il nuovo stadio». Per il patron rosssoblù dovrebbe nascere a Santa Caterina: 23 mila posti, con parcheggi e tanto verde intorno, tecnologie d’avanguardia e strade di collegamento. Tempi certi: sarà il regalo di Natale 2011 agli sportivi.
La guerra dello stadio. Cellino non ha fatto i conti con la burocrazie e le conferenze di servizi con gli enti che dovrebbero dare il via libera. E soprattutto (o forse sì) non ha fatto i conti con il fatto che quei terreni fanno gola anche all’aeroporto, Sogaer e chi altro. Inizia la guerra dei terreni che è ancora in corso. A luglio Cellino cerca di forzare i tempi e con il cuore in mano convoca un’altra conferenza dicendo che il tempo per il nuovo stadio è quasi finito: «Ho tutto pronto, potrei partire in un paio di settimane». Riggio due giorni dopo lo gela: «Lo stadio non si farà mai». Il dibattito è aperto.
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