Affidati i primi incarichi di lavoro ai trenta soci della “Satellite Cep”
Dai muratori ai giardinieri: «Offriamo un'opportunità»
La periferia con tutti i problemi e le diversità: il quartiere Cep. Edilizia popolare strangolata dalla quotidianità e dalla noia. Il quartiere, lasciato morire e riproposto in ogni campagna elettorale. Gli alberi con le siringhe e i pregiudizi legati al passato remoto di una cronaca nera che oggi lascia spazio a uomini e donne in cerca di una opportunità. Un lavoro. «Nasce così l'idea di una cooperativa», racconta orgogliosa Caterina Tosi, titolare di una bar al confine tra via Castiglione e via Flavio Gioia. Un lembo che separa la città dal borgo. Lei, quelle facce del Cep le conosce bene. «Da quasi ventisette anni», spiega, «passo quasi più tempo ad ascoltare le loro storie piuttosto che curare la mia famiglia». Un osservatorio privilegiato il suo. Un bacheca, quella del bar che gestiste, dove quelli dei palazzoni rossi cercano di trovare conforto e lavoro. E allora ecco che la signora Tosi decide che dalle chiacchiere (da bar), bisogna passare all'azione. Ai fatti: «Creando appunto una sinergia con gli invisibili: la cooperativa “Satellite Cep”», dice. «Una strada alternativa per provare a smuovere l'immobilità delle istituzioni verso le periferie cittadine. Ci siamo autofinanziati. Per ora la squadra è formata da trenta persone, tutte del quartiere, che possono almeno provare a dare un senso alle loro giornate». Tradotto: una occupazione, «un sogno per tutti loro. Cercheremo di fare azienda sfruttando le specificità di ognuno: muratore, giardiniere, imbianchino, e perché no anche lo stilista». Un laboratorio di idee che proprio in questi giorni si sono trasformate in piccoli incarichi per i soci. Un'alternativa per tutti quelli del Cep che da oggi può ritrovare la dignità nel lavoro. O almeno provarci.
Nicola Pisu