Il candidato del centrodestra si assume tutte le responsabilità
I VINTI Volti impietriti e accuse sotto traccia
CAGLIARI. La sconfitta ha molti visi. Quello pietrificato di Francesca, una delle volontarie dello staff di Zedda che non riesce più a raccogliere dati e getta via con fastidio i fac-simile; quello di ghiaccio di Mariangela Lostia, moglie discreta di Massimo Fantola, che però riesce a stento a trattenere le lacrime durante la conferenza stampa; quello rassegnato dei Riformatori che pensano a un vero e proprio tradimento, e quello sereno, concreto, e forse anche liberato da un peso insopportabile dello stesso Fantola, che ieri alle 17 ha tenuto una rapida ma significativa conferenza stampa nel suo comitato elettorale. Gli “straccioni di Valmy” (parafrasando l’armata rivoluzionaria francesce che sconfisse le truppe prussiane) hanno annichilito la macchina da guerra che Fantola e il Pdl avevano messo in piedi per questa competizione. «Il fatto è che lo hanno cucinato per bene», ammette a denti stretti uno dei più sinceri collaboratori del candidato sindaco battuto. «I conti non tornano, questa non è una sconfitta - ammettono Francesco Lippi, pupillo del sindaco, e Pietrino Fois, riformatore doc - è un massacro politico, ora cercheremo i mandanti». Nella sede di via Sonnino, le facce sono tirate, nessun pasticcino o bibita pronta, quasi ci si aspettasse la batosta. Ma questa è stata una catastrofe, che ha spazzato certezze granitiche, sulla città di destra, sulla classe politica che controllava il voto, sull’incapacità della sinistra, mai al governo, di poter rappresentare il capoluogo. E dovendo contrapporsi a tutto questo, Fantola ha scelto, nella puntualissima conferenza stampa delle 17, un profilo originale: si è addossato, da nobile per nulla decaduto, l’intera responsabilità della sconfitta e ha fatto balenare un suo possibile ritiro dalla vita pubblica, a cominciare dal consiglio, «vedrò domani se rimarrò o no in consiglio». Prima delle sue dichiarazioni, e del ringraziamento al suo staff, questi gli ha tributato un lungo applauso. Ed è stata l’unica volta in cui Fantola ha dovuto cammuffare il luccichio dei suoi occhi azzurri.
«Complimenti a Zedda, appena ho capito la tendenza gli ho fatto gli auguri, se li merita - ha esordito - perché svolgerà un ruolo bello e importante. Da Zedda mi divide tutto: cultura, ideali, valori e il progetto per la città. Ma gli auguro sinceramente un buon lavoro: la città ha bisogno di un buon sindaco». Fantola ringrazia «i cittadini che mi hanno dato fiducia», e il suo braccio destro, l’assessore comunale Gianni Giagoni. Conferma di non interessarsi al problema dell’“anatra zoppa”, «non è questione sul tappeto», e liberandosi di un peso, ripete come un mantra che «questo è stato un confronto tra due candidati, due programmi, due persone: io ho perso, lui ha vinto. Punto. La città non ha premiato né me né il mio programma. I cagliaritani non hanno avuto fiducia in me». Fantola conferma di volersi assumere per intero le responsabilità di una sconfitta dalle proporzioni impressionanti. «Riferei tutto quanto, soprattutto l’ultimo comizio in piazza San Michele, nato e voluto perché volevamo mettere al primo posto il problema delle periferie». Cosa farà domani l’eterno candidato a sindaco, battuto nelle competizione della vita? «Andrò all’università, come sempre». E poi davanti alle domande provocatorie, la “resa” ai cronisti. «Non sono stato in grado di vincere, voglio saper perdere bene». Fantola riceve un ultimo applauso, saluta i suporters, abbracciando e baciando i collaboratori, e poi lascia la sede di via Sonnino. Con lui solo i dirigenti dei Riformatori, maschere pietrificate nella sconfitta. Fantola cerca di infondere loro quella serenità che ha contraddistinto per intero la sua campagna elettorale. Solo in pochi momenti, ha ceduto ai consigli dei presunti strateghi del Pdl e ha caricato i toni, in piazza, e nei comizi davanti alla tv. Non sono state queste cadute di stile a farlo perdere, ma è il suo stile, di nobiltà papalina che non c’è più, a fargli guadagnare il rispetto degli avversari. Anche ieri Fantola ha dato di sé l’immagine di un conservatore illuminato, “uno di noi”, quando il potere era assegnato a poche famiglie. Prima degli inarrestabili “straccioni” di Valmy. (g.cen.)