Il leader del Pd: Zedda ha saputo suscitare entusiasmo
Stavolta il vento, nel Paese, può cambiare davvero. Il leader del Pd Pier Luigi Bersani ci crede. «Dalle amministrative – dice in vista dei ballottaggi- emerge una forte critica al centrodestra. E, in Sardegna, alla Giunta regionale».
Insomma, raccogliete i frutti degli errori altrui.
«Non solo. Il centrosinistra ha animato nuove energie. È il caso di Massimo Zedda a Cagliari, un giovane che ha saputo suscitare grandi entusiasmi».
Però il Pd puntava su Cabras. Avrebbe suscitato gli stessi entusiasmi? O è stato meglio perdere le primarie?
«A noi, sulle primarie, è entrata in testa una cosa: va bene quello che le vince. A volte una figura esperta, a volte forze fresche: più soluzioni».
Il primo turno l'ha vinto Sel, più del Pd.
«È un'eresia. Su 35 Comuni o Province in cui vinciamo o siamo al ballottaggio, i candidati Pd sono 28. Il Pd è il perno dell'alternativa, al servizio della coalizione».
È vero che ha esultato per il risultato di Olbia?
«Sì, perché è una città berlusconiana. E ora andiamo al ballottaggio ad Arcore, una doppietta sarebbe simbolica…».
Quello olbiese è un modello che si può replicare?
«No, era un caso particolare. Però è stata una bellissima battaglia per la legalità».
Torniamo a Cagliari. Zedda è giovane, avrebbe l'esperienza giusta per governare?
«Questa dell'eccessiva gioventù è un'idea curiosa. In altri Paesi chi ha l'età di Zedda ha responsabilità ancora più grandi. E poi con lui c'è un centrosinistra che ha una profonda cultura di governo. Siamo solo temporaneamente all'opposizione».
A Cagliari, a dire il vero, da una vita.
«Perciò il ballottaggio è per noi importantissimo. Vincerlo sarebbe l'avvio di una diversa idea di Sardegna».
Il Pd sardo vuol essere più autonomo da Roma. Lei che ne pensa?
«Seguo con molto interesse questo percorso. Un Pd più federalista può aiutarci a superare il correntismo».
Ballottaggi nazionali: più difficile Milano o Napoli?
«Quasi uguale. Nel senso che sono molto ottimista per entrambi».
Davvero Berlusconi può entrare in crisi se perde Milano?
«Beh, è lui che ha radicalizzato il senso politico del voto. Noi le sue dimissioni le chiediamo da un anno, perché non riesce a fare niente per i problemi degli italiani».
Se invece vincesse la Moratti sarebbe l'ennesima spallata mancata che rafforza Berlusconi, come la sfiducia fallita il 14 dicembre?
«Perché, secondo lei dopo il 14 dicembre loro si sono rafforzati? Non direi. Comunque vada a Milano, l'esito del voto è già inequivocabile».
È da tanto che si profetizza la fine di Berlusconi, ma poi…
«Che il suo sia un tramonto, non c'è dubbio. Certo, può essere fiammeggiante, perché lui mette i suoi problemi davanti a quelli del Paese. Più dura questa fase, peggio è per l'Italia».
Se cade Berlusconi, è più probabile un governo tecnico o il ritorno alle urne?
«Se devo fare un pronostico, dico le urne. Ma siamo pronti a discutere di tutto ciò che serve a superare il berlusconismo».
Anche a dialogare sottobanco con la Lega sulla legge elettorale.
No guardi, questo proprio non mi risulta. Se poi ci sarà la possibilità di cambiare legge elettorale non ci tireremo indietro».
Intanto continuate a corteggiare il Terzo polo, che vi respinge.
«Come dicevo, noi rivolgiamo la nostra proposta a chi vuole superare questa fase. Poi, se non arriveranno i partiti arriveranno gli elettori».
Lei non ama parlare di leadership del centrosinistra, però dice sempre: io ci sono. È ancora così?
«Sì, io ci sono: ma non metto me stesso davanti alle esigenze del Paese. Prima il progetto di cambiamento, poi il resto».
Giuseppe Meloni