Nel testa a testa tra coalizioni la mina vagante è il Fli Artizzu
CAGLIARI. Gli universitari barbaricini la chiamano Bacheonia, la terra dei figli di Bacheo, quelli che non allevano pecore. Non è un complimento, marca la distanza tra Cagliari e il resto dell’isola, il diverso modo di essere sardi e, al tempo stesso, rivela la difficoltà per il capoluogo di venire riconosciuto come «capitale». Cagliari è sempre stata la città delle «piccole patrie», ospita nuoresi, ogliastrini, sulcitani, gli abitanti del Capo di Sopra, i tabarkini ma, nell’immaginario del resto dell’isola, è la meno sarda di tutte le patrie.
Le elezioni comunali del 15 maggio riguardano anche questo aspetto: fare di Cagliari il punto di riferimento per l’intera Sardegna, la testa di ponte per un ruolo di primo piano nel Mediterraneo. Il tema dei quarti di sardità da riconquistare è presente, per la prima volta legato a una dimensione identitaria, nella campagna elettorale di tutti i nove aspiranti alla guida del municipio. Poco al di sotto dei centocinquantasettemila abitanti, la città invecchia e si spopola, per meglio dire, si diluisce nell’area vasta dei centri vicini, a formare una comunità che si avvicina ai cinquecentomila abitanti. In otto anni, dal 2002 al 2010, ha perso 8.542 abitanti, 508 nell’ultimo anno, l’età media dei residenti è di 45 anni per gli uomini, di 49 per le donne, «ringiovanita» dalla presenza di 5.593 stranieri. Un tessuto economico fondato sul commercio e sul terziario che sconta la crisi e fatica a ricostruire la ripresa. Cagliari è una città al bivio tra una modernizzazione in ritardo e il rischio di diventare sempre più marginale, mancando l’aggancio con i treni dello sviluppo: turistico, commerciale, culturale e industriale. La giunta comunale uscente lascia una sorta di prodotto semilavorato, di non finito. Dieci anni non sono stati sufficienti per sciogliere i nodi più critici: dal rilancio del porto industriale, sul quale si giocano gran parte delle residue speranze di ripresa dell’occupazione, al decollo dell’area crocieristica per dare impulso al turismo, alla razionalizzazione dei servizi, a partire dalla raccolta dei rifiuti (manca il bando definitivo e la Tarsu è fra le più alte d’Italia), alla tutela delle aree archeologiche e monumentali (restano aperte tra le polemiche la questione dei progetti immobiliari nell’area della necropoli di Tuvixeddu e la difficoltà di trovare un accordo tra Comune e Soprintendenza sull’impiego dell’anfiteatro romano per gli spettacoli estivi). Sul fronte del mare rimane, insanabile, la ferita inferta da un’improvvido ripascimento della spiaggia del Poetto, e il mancato progetto di rilancio dell’arenile che i cagliaritani amano pensare più lungo di un chilometro della blasonatissima Copacabana. In un centro universitario che ospita 18.443 fuorisede su 33.064 studenti, il campus, previsto nella vecchia semoleria, rimane un progetto senza esito.
Nove candidati puntano alla guida della città per i prossimi anni, cinque di loro sono donne, due espressione dell’area indipendentista, trentuno liste appoggiano i concorrenti, per un posto in consiglio comunale gareggiano in 1.142.
Cagliari è storicamente una roccaforte del centrodestra, l’ultimo sindaco espresso dal centrosinistra, è stato il socialista Roberto Dal Cortivo dal 1990 al 1992. Da diciannove anni il Comune è saldamente in mano al centrodestra che a questo appuntamento si presenta diviso, o perlomeno monco di un alleato. A sostenere Massimo Fantola, senatore, leader dei Riformatori sardi, undici liste ma il Fli, la Democrazia cristiana e il Movimento civico sardo vanno per conto loro a favore di Ignazio Artizzu, finiano a denominazione d’origine. Otto le liste che corrono per un centrosinistra unito intorno a Massimo Zedda, consigliere regionale di Sel, vincitore delle primarie, vicino all’ex presidente della Regione, Renato Soru. Una gara, salvo sorprese degli outsider, che si gioca tra Fantola e Zedda, con un terzo incomodo, Artizzu, peraltro certo, da parte sua, di arrivare al secondo turno. Gli altri contendenti sono Gianmario Muggiri del Msi destra nazionale, Michela Melotti del Partito comunista dei lavoratori, Patrizia Serra di Onestà e progresso, Emanuela Corda del Movimento Cinquestelle, Ornella Demuru di Progres e Claudia Zuncheddu, appoggiata da Sardigna natzione, Irs, Malu entu e dalla civica Con Claudia Zuncheddu.
Nel solco delle consultazioni degli ultimi anni, il centrodestra punta all’affermazione al primo turno, un eventuale ballottaggio sarebbe già una mezza sconfitta e aprirebbe, comunque, scenari di grande incertezza, legati alla tenuta dell’elettorato nella seconda tornata di voto. Il centrosinistra, per certi versi, ha dalla sua due risultati utili, la vittoria, a tutti gli effetti storica, al primo turno, e l’accesso al ballottaggio che lo porterebbe a un confronto con un avversario indebolito rispetto alle aspettative e con la chanche di aggregare, nella volata finale, il consenso di altre liste dell’area di centrosinistra. Se la spina nel fianco di Massimo Fantola è, per dichiarata belligeranza, Ignazio Artizzu, l’erosione del serbatoio di voti di Massimo Zedda potrebbe venire da Claudia Zuncheddu e Ornella Demuru.
La campagna elettorale si è sviluppata, fino ad ora, con un certo understatement, tra confronti a più voci, videomessaggi su facebook, scambi di battute. Lo scontro tra i due candidati favoriti è politico e generazionale, 35 anni Zedda, 62 Fantola e si gioca anche sul filo dell’ironia. Con amabile perfidia, il giovane Zedda ha detto di conoscere meglio i figli del suo avversario, suoi coetanei, che non il padre. L’anziano Fantola, dal canto suo ha deciso di disinnescare la satira politica, raccogliendo nel sito elettorale le vignette che lo vedono protagonista, nelle vesti di Fàntolas. Del resto, chi vincerà dovrà guidare una comunità dove l’ironia, prima ancora che essere praticata, accade. Non può essere un caso che sia l’unica città nella quale la sede dell’esattoria di Equitalia è in piazzetta Donatori di sangue.
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