Dopo i crolli dell’agosto 2008 in via Peschiera tanti studi e zero interventi per ridurre il rischio
Un quartiere privato di servizio bus e nettezza urbana
ALESSANDRA SALLEMI
CAGLIARI. Non arrivano i pullman, non c’è il servizio di nettezza urbana, nessuno che lo possieda può accedere al garage di casa propria, non si può aggiustare la facciata dell’edificio lesionato, si può parcheggiare in strada una sola auto per famiglia. Ma c’è anche di peggio: alcuni anziani residenti tra via Castelfidardo e via Marengo sono stati sloggiati in una casa di riposo e adesso, per pagare la retta, stanno valutando di ricavare qualcosa dall’abitazione pericolante: una svendita nel vero senso della parola. Si vive così da via Marengo in giù, le strade costruite sulle vecchie cave sfruttate dai Romani in poi fino all’Italcementi che hanno dato spesso segni di instabilità con smottamenti vari fino al 2 agosto 2008 quando l’asfalto sprofondò di sei metri con tutta l’auto parcheggiata e le case, le più colpite furono quelle di via Castelfidardo, riportarono danni tali da renderle inabitabili mentre quasi tutte le altre dei dintorni ancora oggi mostrano le lesioni verticali e trasversali. Un disastro, che ad alcuni residenti delle case pericolanti è costata anche una denuncia con successiva condanna a pochi giorni di carcere perché, non sapendo dove andare questi «alcuni» si erano rifiutati di «ottemperare» all’ordine di evacuazione firmato dal sindaco Emilio Floris. Diciannove furono quei provvedimenti, quasi tutti i residenti si dispersero a casa di parenti, amici o finirono in affitto dopo essersi pagati con anni di lavoro quell’appartamento ormai inaccessibile. Gli altri delle vie Marengo, Peschiera, Pastrengo, vivono tuttora nelle case lesionate ma non pericolanti (sono il 60 per cento del complesso delle abitazioni), non possono rifarle, neppure coloro che si sono trovati un mutuo, perché sulle strade di quel fazzoletto pericoloso non si possono poggiare pontili. Racconta questo e altro la presidente del comitato dei residenti, Patrizia Tramaloni, impegnata a raccogliere gli atti della giornata di studi promossa il 24 febbraio scorso dal comitato stesso. Gli atti verranno divulgati presto con le proposte per uscire da una situazione inaccettabile e per molti versi inspiegabile. Brilleranno per assenza fra gli atti del 24 febbraio le relazioni dei tecnici incaricati dal Comune di studiare situazione e rimedi. Tramaloni denuncia l’atteggiamento del Comune che ha commissionato almeno tre studi per capire cosa fare ma senza alcun altro provvedimento di soccorso in ormai quasi tre anni. «Studiano qualcosa che si conosce molto bene, lo sappiamo che in piazza D’Armi si potrebbe già intervenire col risultato di ripristinare almeno il passaggio del pullman - spiega la presidente del comitato residenti - lì hanno sistemato un tubo di 12 centimetri che perdeva acqua: quando il tubo è stato aggiustato è scomparso il laghetto che i cagliaritani conoscevano da anni». Vuol dire che la condotta ha potuto perdere acqua pubblica al punto da tenere ben pieno un laghetto frequentato dagli appassionati di speleologia. «Noi vorremmo sapere quali sono le conclusioni di questi studi - conclude Tramaloni - ogni volta che abbiamo chiesto di autorizzarci i lavori per casa nostra ci dicevano che prima bisogna sapere cosa c’era sotto. Pagano i loro consulenti, e noi intanto viviamo così».