MAURO PILI. Il deputato del Pdl ha cercato di confutare, punto per punto, le tesi della Soprintendenza
Duro attacco a Minoja e agli ispettori: «Relazioni infondate»
Slealtà istituzionale, preconcetto ideologico e valutazioni imprecise dal punto di vista tecnico. Sono gravissime le accuse che il deputato del Pdl Mauro Pili ha lanciato, nel corso della conferenza stampa di ieri mattina a proposito dell'anfiteatro romano, nei confronti del sovrintendente Minoja e degli ispettori dell'Istituto nazionale del restauro. Sarebbe a seguito delle loro iniziative se la procura ha aperto un fascicolo per danneggiamento di bene storico.
L'ATTACCO Per confutare le tesi del sovrintendente e degli ispettori, Pili si è prodotto in un articolato lavoro di ricerca, del quale ieri ha parlato utilizzando soprattutto materiale fotografico. Al centro del discorso la struttura lignea che, secondo le accuse dei tecnici ministeriali, sarebbe pericolante e comunque causa del deperimento della pietra sottostante.
IL SINDACO «Esprimo la più sincera solidarietà a Emilio Floris per le conseguenze che avrà la decisione di un funzionario dello Stato venuto meno alle più elementari regole di leale e fattiva collaborazione tra istituzioni - ha esordito l'ex presidente della Regione - la trasmissione alla Procura di una relazione infondata e superficiale conferma l'atteggiamento di chi mira solo a creare un polverone con il solo obiettivo di imporre le proprie visioni ideologiche sulla testa di un'intera comunità».
LA CHIUSURA Per Pili, che ha ricordato che è diritto e dovere dei magistrati verificare la situazione, le ombre sul futuro dell'anfiteatro sono parecchie: «Immagino che ora, dopo l'apertura di un'inchiesta, nessuno si assumerà l'onere di decidere di tenerlo aperto. E questo era forse quello che voleva il sovrintendente. Io, come rappresentante dei cittadini in Parlamento, mi sento di criticare questo atteggiamento. Anzitutto perché le scelte strategiche non spettano a un funzionario e sul piano tecnico perché vi sono tutte le motivazioni per proseguire il percorso avviato dal Comune».
LA RELAZIONE Ci sarebbero almeno tre punti da contestare nella relazione: uno tecnico («si occupa, senza averne alcun titolo, della stabilità e della staticità della struttura lignea»), uno "botanico" («le valutazioni sulle piante non tengono conto della realtà e sono contraddette dalle stesse foto») e uno metodologico («si fanno affermazioni circa il presunto sgretolamento della pietra, attribuendolo alla struttura in legno, ma ammettendo di non poter comparare lo stato attuale con quello pregresso perché non si hanno riscontri»).
L'UMIDITÀ Con l'esibizione del materiale fotografico e di stralci di altri studi sull'anfiteatro, Mauro Pili è poi passato a contestare passaggio per passaggio l'elaborato dell'Istituto del restauro, recentemente acquisito alla Procura. «L'umidità, incredibilmente attribuita alla struttura lignea, è frutto della struttura stessa dell'anfiteatro, in quando i romani lo costruirono in modo da incanalare l'acqua verso un pozzetto di decantazione chiamato limarium. Questo, a sua volta, era collegato a un'ampia conduttura idrica scavata nella roccia, larga un metro e alta all'incirca due. E, comunque, il legno non impedisce certo l'evaporazione».
I RESTAURI Un ultimo affondo, per dimostrare che la relazione conterrebbe un "fumus" ideologico: «Hanno messo sotto accusa la struttura lignea persino per la parte legata ai vecchi restauri in cemento armato - ha concluso Pili - in questo caso la responsabilità è solo di chi avrebbe dovuto monitorare la parte archeologica e non lo ha fatto. Sorvolo, poi, sulle valutazioni sullo stato di conservazione del legno: gli archeologi facciano gli archeologi e lascino ai tecnici specializzati e alle commissioni sulla sicurezza le valutazioni sulla staticià e funzionalità della struttura».
ANTHONY MURONI