PRIME TEATRO. L'affascinante progetto dell'attore al Massimo
La verità e il suo rovescio. E la creazione artistica di un al di là del proscenio dove non c'è ruolo che non si possa fare. Lo vuole dimostrare Franco Branciaroli, vate della musicalità della parola scenica, che non sono parole al vento. Sì, si fa possibile riportare in vita i giganti della prosa, srotolandogli davanti un tappeto rosso di virtuosismo recitativo. Fate spazio, per un futuro lontano. Con il suo Chisciotte l'attore ha progettato, diretto e interpretato un fantasmagorico delirio, calandosi come unico e doppio mattatore nel palco di estetica funzionale scenografato da Margherita Palli che Gigi Saccomandi si è deliziato ad accarezzare con un pavoneggiante uso delle luci. Piacevolezza alla vista e all'udito, al Massimo di Cagliari, dove la produzione del Teatro degli Incamminati resta sino a domenica (oggi alle 17 e alle 21). Branciaroli rinuncia alla celebrazione filologica dell'opera di Cervantes, ma coglie l'essenza di questo romanzo dell'uomo moderno regalando uno show dove il finale è meglio tenerlo in sospeso.
Un enorme trattato sull'imitazione, aveva detto il teatrante sul Don Chisciotte . Puro divertimento del reinventare il teatro senza scriverci mai la parola fine, è la consegna fatta al pubblico. Perché, escamotage per escamotage, riesuma sì le anime di Carmelo Bene e Vittorio Gassman - con vizi di sigarette e alcolici, piglio vanesio e memoria sparsa - per fargli interpretare le avventure dell'Hidalgo e di Sancho Panza. Ma se ne fa concessione di imitazione in quanto cavalieri della scena, affrontandone il manierismo nobile nelle voci di enfasi quasi nasale e i vezzi.
Non ci sarà scampo in quel limbo che preferiscono a un paradiso troppo colmo delle note di Haendel e alle fiamme del piano di sotto dove ci si diverte. Duettano e duellano e sarà chiamato in causa lo spirito dell'Alighieri a giudicare le versioni della quinta cantica dell'Inferno Dantesco (per la cronaca il Sommo preferirà a loro Albertazzi). Branciaroli abbraccia un vagabondare nella nostalgia e cosparge di rimandi. Qualche strizzata d'occhio a se stesso, un omaggio ai momenti topici degli artisti (come la Lectura Dantis di Bene sulla Torre degli Asinelli).
E riflessioni varie sugli intellettuali, l'essere, la verità e lo humour, così sottile e fascinosamente ambiguo. Branciaroli diverte con le cose rubate e poi restituite. Il sipario, stavolta, non scende del tutto. Un'altra rappresentazione è già nell'al di qua.
M. V.