Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Norberto Silva Itza, parole in viaggio nel cosmo

Fonte: La Nuova Sardegna
9 marzo 2011



Il poeta uruguayano ha presentato a Cagliari l’ultima raccolta




DANIELA PABA

CAGLIARI. Molto sappiamo sui poteri della parola, che è capace di mentire, ferire, incantare. Una minore consapevolezza abbiamo delle sue virtù curative, assai note al mondo dell’oralità, che alla parola e al canto affida, oggi come ieri, il compito di ritrovare il legame con l’universo, il senso di comunione con le entità naturali che abitano, senza gerarchie, il mondo. Lì risiede l’origine del linguaggio, della poesia e della preghiera. Per la presentazione della sua ultima raccolta di poesie «Come granelli di sabbia» (Lab editrice, pp.195, 16 euri) Norberto Silva Itza, poeta uruguayano, che scrive in spagnolo e si traduce da sé, in italiano, cercando le corrispondenze di ritmo e suono, sceglie la performance che rende alla scrittura le virtù dell’oralità, la arricchisce di contributi altrui nel canto, nei suoni e nelle immagini delle persone che lo seguono, come maestro che lavora sulla creatività, con l’associazione Grecam. Nella sala del Ghetto affollata risuona El llanto: Se me caen las palabras/ en la taza del café./ Palabras silenciosas/para no maldecir/la historia ya conocida. (...) Entre una y otra/lloro por éste, mi nuevo paìs/ que como las palabras, cae/dentro de la taza del café,(Mi cadono le parole/nella tazza del café./Parole silenziose/per non maledire/la storia già conosciuta. (...) Tra l’una e l’altra/piango per questo mio nuovo paese/che, come le sue parole, cade/dentro la tazza del caffè).
Il linguaggio piano, quotidiano, assume immediatamente la dimensione universale del dolore umano “Come se il cadere delle parole dicesse soprattutto di quel parlare con sé stessi pensando, nel proprio quotidiano, al ripetersi degli errori mondo. Con una fatica, una sofferenza, ma anche una sorta di distacco, tanto da lasciar cadere quei pensieri, quelle parole, nella tazza del caffè” ha spiegato Roberta Sanna, introducendo la serata. Sono parole che “A volte il male/ (...) le schiaccia contro il Muro/Piangono il loro pianto le parole/ ed irrigano gli alberi/per farli fiorire/nel tardo autunno”, dipingono paesaggi, pregano e consolano. Disegnano corrispondenze coi canti del griot senegalese Pape Siriman Kanouté, accompagnano le melodie della sua kora, mentre il video di Ennio Madau e Fabio Lanza proietta lo spettatore attraverso il deserto fino al mare. Sono canti e poesie di una umanità migrante, esiliata, eppure capace di trovare un contatto col cosmo. Canti di preghiera di chi chiede pur sapendo che non otterrà risposte. Colmano vuoti e assenze, perché comprendono il silenzio.