La prossima settimana la Regione delibererà l’ingresso nella società di gestione
CAGLIARI. Conto alla rovescia per Free Zone, la società di gestione della zona franca del porto canale: nascerà entro febbraio, con Regione e Camera di commercio quali nuovi soci, ma senza Comune e Provincia che tergiversano nel deliberare l’ingresso nella nuova entità. Un gruppo londinese e uno italiano hanno già cominciato a raccogliere informazioni su quali saranno i beni al sole del gestore della zona franca cagliaritana, probabilmente orientata a diventare un distretto industriale. Le definizioni per gli addetti ai lavori hanno un valore: spiegano immediatamente quale tipo di agevolazioni sono a disposizione nel momento in cui si chiede di operare negli spazi. Le manifestazioni di interesse ricevute dall’autorità portuale nelle settimane scorse dimostrano che, nel pianeta degli investimenti internazionali, la nascita di Free Zone è attesa. Perché una volta nata la società compirà subito il passo fondamentale: bandire la gara per trovare l’operatore internazionale che mette soldi, organizzazione, procedure per dare gambe al piano di sviluppo.
Per capire: negli Emirati Arabi, quando si è deciso di riorganizzare diverse attività di Dubai, si è cercato l’operatore giusto (tra gli advisor-developer) per dare corpo agli ulteriori sogni di crescita di un sistema già piuttosto solido. Naturalmente, l’operatore non s’inventa nulla: deve seguire la traccia esatta del piano di sviluppo elaborato dalla società committente. Ed è questo documento che aspetta in un cassetto di poter essere esaminato da un consiglio di amministrazione, al momento ancora in formazione.
Il piano, come è noto, è già stato approvato dal comitato portuale, ma deve essere adottato da Free Zone. Dunque c’è il piano, ci sono anche gli operatori interessati a vedere cosa si muove a Cagliari, gli uffici dell’autorità portuale sono al lavoro già da tempo per preparare il bando di gara col quale trovare l’advisor-developer, manca soltanto la protagonista principale: la società di gestione. Non c’è ancora perché la Regione porterà in giunta la decisione di entrare nell’azionariato la prossima settimana, dopo un rinvio che nasceva dalla necessità di studiare con attenzione gli aspetti legali connessi con l’ingresso in una società destinata a gestire soldi pubblici e privati. Superato l’indispensabile passaggio in giunta, toccherà di nuovo al comitato portuale approvare l’allargamento dell’azionariato e infine al Cacip che per ora è il contitolare di Free Zone assieme all’autorità portuale. Una volta finiti i passaggi, il presidente dell’autorità portuale Paolo Fadda convocherà l’assemblea straordinaria di Free Zone che ammetterà i nuovi soci e approverà la conseguente variazione dello statuto. Poi: soci riuniti al più presto per approvare il piano di sviluppo e quindi varare la gara internazionale, da preparare con estrema attenzione.
Lo schema sarà molto simile a quello adottato a Tangeri, dove un gruppo bancario con vari specialisti ha gestito tutti i passaggi per trovare gli operatori economici decisi a impiantare un’attività nell’area portuale e quindi ha finanziato anche la fase iniziale delle aziende insediate. Tangeri ha ora 20 mila lavoratori diretti e altri 20 mila indiretti, per una superficie di retroporto di 430 ettari. Cagliari ne ha 468 (compresi i due avamporti, i bracci a mare) e anche per questi si viaggia ormai verso la certezza della disponibilità: venerdì sono scaduti i termini per presentare opposizione alla delimitazione dei confini portuali fatta dalla Capitaneria (su iniziativa del comandante Giuseppe Mastroianni), che ricomprende i 468 ettari.
E’ noto che si tratta della quarta e ultima delimitazione. Non sembra che al ministero siano pervenute opposizioni, quindi sulla base della prassi del silenzio-assenso (nessuno si è opposto, a tutti perciò va bene), Free Zone nasce con la sicurezza di disporre di un parco terreni di tutto rispetto a ridosso del porto canale.
Perchè è importante che i terreni siano delimitati? Perché bisogna definire quale porzione di terre sia da considerarsi in stretta connessione col porto e il suo sviluppo e quale no. Tutto ciò che è porto automaticamente entra nel demanio marittimo e quindi, con la riforma del sistema portuale del 1984, sotto la gestione dell’autorità portuale che decide quindi delle eventuali concessioni e ne incassa i canoni. Finora quelle aree sono state nella piena disponibilità di altri enti, Cacip in testa, e costituivano ricchezza per i loro bilanci. La titolarità delle aree, insomma, non era una questione neutra ed è stata oggetto di un contenzioso portato in tutte le sedi. Alla fine si è risolta, grazie a una delimitazione fatta con molti anni di ritardo rispetto alla consuetudine rispettata in tutta Italia di fissare al più presto la distinzione tra ciò che attiene al porto e ciò che non riguarda invece lo scalo. (a.s.)
«Lo sviluppo dello scalo è qui»
Le aspettative del sindacato sulla nascente spa
Marongiu: «Nelle aree chi c’è già deve poter restare»
CAGLIARI. I sindacati si aspettano molto dalla nascita di Free Zone. Nicola Marongiu, segretario della Camera del lavoro di Cagliari: «E’ un ottimo strumento di sviluppo del territorio, oltre il transhipment, ma ci sono tanti problemi irrisolti nel porto. Segnalo un problema: l’annosa questione delle delimitazione delle aree sta mettendo a rischio la presenza dell’operatore Grendi che prese le aree dal Cacip e che ha sospeso gli investimenti nell’incertezza dovuta alla nuova situazione. Occorre certezza per gli operatori di quelle aree di poter continuare a lavorare. Chi c’è già non deve essere messo in condizione di andarsene: bisogna trovare una soluzione. Poi, ancora, c’è discussione aperta sulla destinazione delle aree di Giorgino: commerciale? di supporto alle attività portuali? Va deciso, una volta per tutte. Un’altra questione sono le tasse di ancoraggio: varata Free Zone ci deve essere anche il vantaggio degli armatori di scegliere Cagliari, visto che nel Mediterraneo ci sono altri scali appetibili, gli sconti rendono lo scalo più interessante di altri, vale la pena di continuare a cercare opportunità di finanziamento come è stato utilmente fatto per il 2010». Fabrizio Carta, segretario generale della Cisl di Cagliari: «Il porto oggi in misura ridotta dà opportunità di lavoro, certamente i 600, 700 posti sono un buon numero ma non quello che potrebbe essere se le condizioni fossero diverse. Chiediamo con forza che Free Zone nasca, finalmente. Al tavolo di governance con Confindustria abbiamo rilanciato fra gli obbiettivi porto e sviluppo delle aree adiacenti».