Canta, balla, si trasforma in Renato Zero (anzi, Clonato Zero: non più un'imitazione ma un personaggio a sé stante), spara battute in sardo («Che ridete? Stasera mi hanno chiesto se ero di Pirri»), racconta di quando faceva lo spogliarellista a Quartu («Ho smesso quando hanno iniziato a pagarmi con le carte di credito: non mi garbavano le strisciate»), fa da spalla a un Benito Urgu irresistibile, se la prende con l'ultimo stadio evolutivo del maschio («Da Homo Erectus a Homo Sapiens a Homo Vogue»), fa finta di invitare a cena Francesca Lodo per dare una strapazzata ai ristoranti chic (portate mini, conto maxi), con camerieri onnipresenti e sommelier improbabili, e poi ancora dà vita ai personaggi che l'hanno reso celebre, da Merigo l'ubriacone ingenuo a Naomo, il re della Costa, tutto pareo, infradito e banconote. Infine si toglie lo sfizio: cantare con i Tazenda.
È un Giorgio Panariello in versione mattatore quello che ieri ha regalato due ore e mezza di risate e buonumore ai cinquemila che hanno affollato l'Anfiteatro romano di Cagliari per la prima delle due tappe sarde del tour di Del mio meglio Live . Accompagnato al pianoforte da un funambolico Dino Martino (cui è toccato il compito di colmare, a suon di boogie woogie, ragtime e rock'n'roll, i brevi tempi morti fra un cambio costume e l'altro) e con l'aiuto di una scenografia essenziale e di alcuni contributi video ben incastonati con l'esibizione dal vivo, Panariello ha bombardato il pubblico con raffiche continue di battute. Le sue, ma anche quelle di Benito Urgu, che il comico toscano considera un maestro.
Tre le uscite per l'ex Barrittas, di cui l'ultima in costume nei panni di Desolina: nella prima, invece, ha impersonato l'«uomo di una volta», il modello da contrapporre ai maschi depilati e incremati di oggi («Ai miei tempi si faceva tutto a mano. Le ragazze, allora, non c'erano»). Nella seconda, invece, ha parlato di donne: «Una volta ho portato a letto una tedesca alta due metri e dieci. Mi diceva “baciami”, “accarezzami i piedi”; “accarezzami i piedi”, “baciami”. Correvo da una parte all'altra. Alla fine avevo l'affanno».
Poi di nuovo Panariello, a raccontare di mogli (quelle con cui all'inizio di un amore si fa tutto, dalle parole crociate ai pasti vegetariani alle cene ai ristoranti etnici), amanti («Una preghiera, care amanti: non mettetevi quelle creme con i brillantini. Quando torniamo a casa in punta di piedi, dopo, brilliamo di luce propria. “Mamma, guarda, Babbo Natale” - “No, figliolo, quello è Babbo Maiale”»), linguaggio da sms («Basta con quei tvb! Ma ve l'immaginate se Shakespeare avesse fatto parlare così Giulietta? O rm rm xké 6 t rm? »). Poi si canta. Da “L'Avventura” di Battisti a “Malafemmena” «del grande Totò», da Tiziano Ferro a Jovanotti, fino a “No potho reposare”, coi Tazenda sul palco per un miniconcerto da brividi, chiuso con i cinquemila dell'Anfiteatro in piedi per applaudire alla memoria di Andrea Parodi.
Panariello l'aveva promesso: «In Sardegna farò spettacoli unici». Domani, ad Alghero, all'anfiteatro Maria Pia ci saranno i finalisti di “Amici” di Maria de Filippi.
MARCO NOCE
08/08/2008