Da Tomasi di Lampedusa
Si inghiotte l'attacco, falciato dal caldo applauso che il Massimo di Cagliari riserva puntuale agli amati volti famosi appena appaiono in scena. E poi accattiva per tutto il reading. Luca Zingaretti ha preso lo splendido racconto postumo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, “Lighea”, e ne ha tratto una drammaturgia. “La Sirena”, lo ha rinominato. Agli spettatori che saranno rapiti dona voce e silenzi, gesti di mani e fronte concentrata, variazioni di timbrica e universi di mare. Regola gli sviluppi e i nodi di una storia incorniciata dalla fisarmonica di Fabio Ceccarelli che esegue in forza e naturalezza lo spartito di Germano Mazzocchetti.
La maestria del saper raccontare dietro un leggìo (due in realtà, il secondo per passare al mito narrato) mentre sul palco sembra calarsi, sfumata e impalpabile, una Torino del 1938 che si chiude nei caffè storici di via Po e si estende alle fornicazioni consumate a Rivoli. E in un caffè - un Limbo, un'Ade - si incontrano due uomini, uno giovane e preda della carnalità dei suoi anni, e uno più antico e spirituale. Il primo è Corbera, redattore della “Stampa”. Il secondo si chiama La Ciura, senatore e coltissimo ellenista. Conversano, entrano in confidenza, portano al nord i profumi della Sicilia di cui sono originari entrambi.
Gli interni dei caffè torinesi lasciano spazio al mito, alla spiaggia di Augusta col mare del colore dei pavoni. Così, nel racconto, iniziato con le avventure amorose del giovane con facili ragazze, irrompe l'amore divino per la sirena Lighea, figlia di Calliope. Entra il ricordo dell'odore acqueo e magico di una creatura che lo ha amato come solo possono fare le dee. E che l'aspetta, quando lui vorrà, nel mondo sommerso del mare.
Zingaretti in un elegante smoking, porta in superficie tutte le sensazioni in un'ora di spettacolo che non è semplice scelta low cost in tempi di tagli alla cultura. Questo reading è presentato in una pienezza di senso e con una grande capacità attoriale. Mai ridondante, mai eccessivo e merita di essere visto e rivisto. Anche oggi, al turno delle 17 o delle 21. Oppure alle 21 di domani o alle 19 di domenica.
Nel frattempo, al termine del debutto in via De Magistris, Zingaretti ha dedicato a tutte le donne una poesia di Eugenio Montale. «Mi festeggio, quando torno in un posto», dice su quelle parole dedicate all'amata e all'amicizia, probabilmente. «Che cos'è l'amicizia se non forse, chi lo sa, una forma più alta dell'amore?», si chiede dal palco prima di recitare i malinconici versi di «Ho sceso, dandoti il braccio...». È stato breve questo lungo viaggio. Ma lo ricorderemo.
MANUELA VACCA
21/01/2011