Teatro lirico. Il ministero dei Beni culturali chiarisce: non ci sono le condizioni
Ma i sindacati tornano all'attacco: assoluto vuoto gestionale
È iniziata la campagna elettorale e i partiti iniziano a occuparsi della vertenza.
«Al momento non ci sono gli estremi per un commissariamento del Teatro lirico di Cagliari». Salvo Nastasi, direttore generale per lo spettacolo dal vivo del ministero dei Beni culturali, gela le speranze del presidente della Provincia che ieri aveva auspicato l'arrivo del commissario (indicato in Oscar Serci) in via Sant'Alenixedda e l'aveva posta come condizione per un rientro della Provincia nel capitale della Fondazione.
PERCHÉ COMMISSARIARE Del resto le condizioni perché si sciolga il consiglio di amministrazione sono chiare ed a stabilirle è il Decreto Legislativo 29 giugno 1996, n° 367 che ha stabilito le “Disposizioni per la trasformazione degli enti che operano nel settore musicale in fondazioni di diritto privato”. La prima: devono risultare “gravi irregolarità nell'amministrazione, ovvero gravi violazioni delle disposizioni legislative, amministrative o statutarie, che regolano l'attività' della fondazione”. La seconda: “il conto economico deve chiudere con una perdita superiore al 30 per cento del patrimonio per due esercizi consecutivi, ovvero sono previste perdite del patrimonio di analoga gravità. Per i primi due esercizi successivi alla trasformazione la percentuale è elevata al 50 per cento”.
IL PASSIVO Condizioni che a Cagliari non ci sono. Perché è vero che quest'anno a consuntivo ci sarà un passivo, ma, per quanto sia ancora da quantificare, dovrebbe essere inferiore a due milioni di euro su un valore della produzione di 26. Vero è che c'è un pesantissimo debito patrimoniale (21 milioni di cui 14,7 milioni verso le banche, 3 verso i fornitori, 1,1 verso istituti di previdenza e sicurezza e poco altro) ma al momento non è questo a determinare l'arrivo di «uno o più commissari». E se a chiedere il commissariamento fosse il presidente, constatata l'impossibilità di uscire dalle sabbie mobili della crisi? Possibile, in teoria, ma per quanto sia amareggiato per il tradimento di Pietrantonio (che ha di fatto abbandonato il teatro dopo essere stato confermato dal sindaco) e per il nuovo aggravarsi dei rapporti sindacali, Floris non sembra intenzionato a gettare la spugna.
SINDACATI ALL'ATTACCO Certo è che dopo un mese di tregua sindacale le acque al teatro sono nuovamente agitate. Dopo l'incontro di avant'ieri tra parte del cda e i sindacati e dopo l'assemblea dei lavoratori che ne è seguita, sulla facciata del lirico sono ricomparsi striscioni contro i vertici della fondazione. Se Emilio Floris aveva definito l'incontro «molto positivo», Cgil, Cisl, Css e Snater parlano di «assoluto vuoto gestionale».
«Quello che emerge prepotentemente», attaccano Roberto Camarra, Annalisa Pittiu, Giuseppe Corronca e Giacomo Meloni, «è la mancanza di un piano industriale, l'assenza di una strategia per la ripresa delle attività ed il rilancio del teatro. Esiste solo una politica del risparmio, contratta totalmente sulla difensiva, basata esclusivamente sui tagli dei costi, prevalentemente, del personale. Non è stata chiarita la posizione del sovrintendente, del quale non si hanno notizie dal 10 gennaio scorso, e i dipendenti del Teatro sono in attesa dello stipendio di dicembre e della tredicesima mentre a breve maturerà anche lo stipendio di gennaio.
LA POLITICA In questo contesto è iniziata la campagna elettorale per le comunali e le forze politiche tendono a gettarsi a capofitto sulla vertenza del Lirico, che per la sua importanza potrebbe contribuire a segnare le sorti delle coalizioni. Domani alle 16 nella sala coro del teatro con i lavoratori del teatro ci saranno il candidato sindaco del Pd Antonello Cabras e il deputato Amalia Schirru, che si è già occupata delle sorti del Lirico. Per il 25 è stata convocata un'assemblea generale: saranno definite le «future azioni di protesta».
FABIO MANCA
21/01/2011