Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

I ragazzi del '70: per noi era un papà

Fonte: L'Unione Sarda
12 gennaio 2011

Gigi Piras commosso: «È stato lui a farmi firmare il primo contratto»

Il ricordo di Albertosi, Tomasini, Greatti e Domenghini

La sua squadra, il suo capolavoro. Uno dopo l'altro, Andrea Arrica completò il suo personale album di campioni e per tutti era e resta «un padre». A distanza di quarant'anni. Ecco perché lo piangono Albertosi e Greatti, Domenghini e Tomasini, così come Piras, legato ad Arrica perché fu con lui che firmò il suo primo contratto.
«È stato per me un padre, gli devo il passaggio dalla Fiorentina», sussurra Enrico Albertosi, portiere del Cagliari e della Nazionale, «grazie a lui ho vinto il primo scudetto». Per Albertosi «Arrica è stato bravissimo nell'arco degli anni a formare una squadra che poteva vincere altri titoli». Poi il ricordo di quell'abile mossa di mercato: «La Fiorentina mi comunicò che sarei passato all'Inter, ma Arrica insistette talmente che riuscì ad acquistarmi mentre io già pensavo a Milano». Quanta tristezza: «L'ho visto un anno fa, stava benissimo. Oggi ho pianto, sono troppi i ricordi che mi legano a lui».
«Abbiamo perso un grande padre», dice un commosso Beppe Tomasini, poco dopo aver parlato con Gigi Riva al telefono, «un faro, una persona che seppe conquistare la fiducia dei giocatori». Con Tomasini la frequentazione era assidua, anche negli ultimi tempi. «Passava spesso da me, continuava a informarsi di questo e di quello, la squadra dello scudetto continuava a sentirsela dentro». Tomasini passò metà della stagione 1969-70 a letto, dopo un grave infortunio: «Lui non mi fece mancare mai una parola di conforto, mi fu molto vicino». Sapeva fare «molto bene il dirigente, ricordo il mio arrivo da Brescia, nel 1967, e le sue battute da persone estroversa quale era». Noi, dice Tomasini, «siamo stati bravi a vincere, ma anche lui è stato abile a mettere le fondamenta».
«Era un grande personaggio», racconta Angelo Domenghini, anche lui azzurro e rossoblù, «un intenditore di calcio, merito suo e dei giocatori per quel meraviglioso scudetto». Il ricordo: «Fu lui a portarmi a Cagliari, subito capii che mi trovavo davanti una persona semplice, molto vicino ai giocatori, tutti noi eravamo legati alla sua persona». Bravo anche lontano dal campo: «Noi giocatori eravamo tranquilli, seppe creare un ambiente adatto, non c'era la pressione dei grandi club. Il calcio dovrebbe essere un divertimento, lui sapeva vivere con la squadra queste grandi emozioni, ma senza mai drammatizzare».
Il primo ricordo di Ricciotti Greatti, centrocampista di grande peso tecnico, è legato a un grande contrasto che ebbe con Arrica: «Con lui ebbi un diverbio, a causa del mio passaggio dal Cagliari al Vicenza, l'anno dopo aver conquistato il titolo. Volevo restare a Cagliari, fino a mezzanotte meno venti dell'ultimo giorno di mercato ero certo di rimanere, pochi minuti dopo scoprii di essere stato ceduto». Ci fu uno scambio durissimo, una polemica che durò diversi anni, fino a quando Greatti non decise di trasferirsi a Cagliari per sempre: «Un giorno, ci incontrammo casualmente e mi disse: “Dobbiamo restare qui tutti e due, meglio essere amici, ho sbagliato e lo riconosco”. Mi tese la mano e da quel momento siamo diventati veri amici».
Fu Arrica a credere in Gigi Piras, che oggi piange il suo primo presidente: «In ritiro a Fiuggi, nel 1974, firmai il mio primo contratto, 500 mila lire al mese. Gli dissi: sono il primo di dieci fratelli, e lui mi venne incontro». Lo mandò perfino in Svizzera per le lenti a contatto: «Fece di tutto per agevolarmi, credeva in me». Un padre, appunto.
ENRICO PILIA

12/01/2011