Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

La Casa del pizzo chiude: era stata fondata 100 anni fa

Fonte: L'Unione Sarda
10 gennaio 2011

Piazza Yenne. Fra i più antichi negozi della città



Cent'anni, un secolo di onorata carriera di bottega in servizio permanente effettivo. Una vita su un medesimo spicchio di terra, piazza Yenne, mica nulla. Dal numero 10, dove l'attività aprì i battenti. Al numero 25, dov'è stata fino a oggi. Anzi, l'altro ieri. Perché La casa del pizzo ha chiuso i battenti lo scorso 31 dicembre: sprangata, ormai vuoti gli armadi in legno pregiato che facevano tanto casa borghese di gusto molto classico ma a prova di tempo. Una questione di fisco, scollinare Capodanno voleva dire prendere in carico tasse e dintorni per l'anno a venire. Perciò fine corsa, Miriam Falorni (figlia dei fondatori) e Franco Piludu hanno voglia di riposare, viaggiare, badare ai nipoti. Far altro, insomma. «Ma non dite che è stata la crisi, i nostri clienti non sono mai mancati».
PEZZO DI STORIA Una camera con vista sulla città, anzi sulla regione, che lentamente cambiava pelle. «I miei nonni, Falorni, di origine toscana, vendevano stoffe e aprirono un'attività a Cagliari nel 1911». Cita altri compagni di strada, esercizi che cento anni fa erano i gangli del sistema commerciale cittadino, lentamente cancellati dal tempo che scorre. Loro nei secoli fedeli, che calibravano gli ordini di merce non sulle esigenze di stagione ma su concetti più vaghi. «Qui si vendevano pizzi e merletti, stoffe e rasi, del livello più alto sulla piazza». Il valenciennes francese, macramè e San Gallo svizzero, la produzione al tombolo. Per i cultori della materia, il top. «Le donne venivano da tutti i paesi dell'Isola, anche i più piccoli. I pizzi venivato usati per adornare i costumi sardi più sontuosi». E poi tessuti per la casa, chiffon, taffetà, raso. Materia prima di gran livello per matrimonio e celebrazioni, donne e uomini. «La nostra clientela è sempre stata, storicamente, divisa in due. Ricordo, quand'ero bambina, le vere signore cagliaritane che venivano giù da Castello per fare compere. In alternativa, gli acquirenti erano persone del popolo, che magari risparmiavano una vita per comprare alle figlie i corredi buoni. La classe media, meno».
TAPPETI E DINTORNI Una dinastia che è sempre stata dietro un bancone («mio fratello era un antiquario, tutti abbiamo sempre lavorato per tirar su le nostre imprese»). Ma non è la crisi, quella con la maiuscola, che li ha spazzati via: «I nostri articoli non conoscevano mode». Non c'è concorrenza a prezzi stracciati, giurano, che li abbia messi in difficoltà: «Si giocava su piani diversi». Oggi hanno sconfitto con agilità le vertigini da altezza , al vertice della classifica cittadina dell'anzianità commerciale. Anche se la proprietaria un po' di magone ce l'ha. «Non è semplice abbassare le serrande su un secolo di storia. Ma forse aveva ragione mio marito: è tempo che proviamo a godercela».

09/01/2011