Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Immigrati, solo doveri senza diritti

Fonte: La Nuova Sardegna
10 gennaio 2011

LA NUOVA CITTA’

Circa diecimila i lavoratori extracomunitari che vivono e lavorano in città e nell’hinterland

Caduta nel nulla la proposta di Marco Espa per il voto nelle circoscrizioni

ROBERTO PARACCHINI

CAGLIARI. Cagliari città multietnica, «ma la maggior parte degli immigrati sono persone con diritti limitati», afferma Marco Espa, già esponente dell’assemblea comunale dove aveva presentato una proposta per permettere il voto agli stranieri con residenza.
«In quell’occasione - spiega Espa, attualmente consigliere regionale del Pd - avevamo pensato a un coinvolgimento degli immigrati che vivono e lavorano da noi: il voto nelle circoscrizioni, che ha appunto un significato di partecipazione». L’accesso alle urne per le politiche e le altre amministrative va regolato con leggi varate dal Parlamento, mentre «sui parlamentini di quartiere saremmo potuti intervenire anche noi», sottolinea Espa. Ma «quella proposta non è mai stata messa all’ordine del giorno». Ora stando all’ultima finanziaria nazionale le circoscrizioni dovranno essere abolite per città al di sotto dei 250mila abitanti, «ma noi del Pd abbiasmo presentato un disegno di legge regionale per permetterle nelle città di almeno centomila persone, quindi a Cagliari e Sassari».
In Comune c’è la consulta degli immigrati, ma non tutti sono soddisfatti. «Di fatto - sottolinea Ninni Depau, capo gruppo del Pd in consiglio comunale - non vi sono politiche reali per questo settore». Alla Provincia è stato istituito un ufficio specifico, spiega il componente dell’assemblea di piazza Palazzo Omar Zaher (Idv), «dove si cerca di dare un supporto: dalla conoscenza della lingua sino agli aiuti burocratici per richiedere i vari permessi, all’assistenza lavorativa». L’assessore alle Politiche sociali Angela Quaquero ha anche promosso alla fine del 2010 un incontro per affrontare il problema della moschea, a cui anche il sindaco Emilio Floris aveva dato parere positivo. Le persone di fede islamica chiedono infatti di poter utilizzare un locale per il loro culto. Intanto crescono le attività economiche, non solo quelle commerciali dei cinesi, che hanno oltre centoventi attività sparse in tutta la città, ma anche degli altri gruppi. Nello stesso tempo, però, mancano reali modalità di partecipazione alla vita pubblica di queste persone che, di fatto e pur avendo gli stessi doveri degli altri cittadini, hanno meno diritti.