Coimpresa replica alla Regione in vista dell’udienza al Consiglio di Stato
«Ventidue ettari di preesistenze storiche non possono giustificare nuovi vincoli su un’area di 120 ettari»
MAURO LISSIA
CAGLIARI. Quello di estendere il vincolo paesaggistico a un intero comune, come ha fatto la Regione, solo perchè nel territorio esistono aree caratterizzate da preesistenze di valenza storico-culturale è un proposito «di competenza psichiatrica prima che del Tar o del Consiglio di Stato». Lo scrivono i legali della Nuova Iniziative Coimpresa.
La valutazione è contenuta nella memoria che l’avvocato Pietro Corda e il suo collaboratore Antonello Rossi hanno depositato al Consiglio di Stato in vista dell’udienza del 25 gennaio, quando i giudici di palazzo Spada decideranno sull’annosa e controversa questione dei vincoli su Tuvixeddu. Nelle 28 pagine della memoria i legali del gruppo Cualbu attaccano duramente le argomentazioni della Regione insistendo su quello che resta il centro della contesa: se per l’amministrazione Soru - e per l’Avvocatura dello Stato - i ritrovamenti di sepolture antiche avvenuti dopo la firma dell’accordo di programma modificano radicalmente la situazione del colle punico e giustificano l’allargamento dei vincoli, Corda e Rossi fanno riferimento alla nota firmata dall’attuale sovrintendente Marco Minoja, per il quale «nessuna testimonianza archeologica è emersa dagli sbancamenti effettuati in funzione delle costruzioni realizzare di recente». In sostanza - è scritto nella memoria - i vincoli attuali bastano a tutelare ciò che merita tutela. Peraltro, riconosciuto il valore del sito archeologico («non c’è bisogno di prove, è notorio») i due legali sostengono che i vincoli paesaggistici integrali sono giustificabili in molti altri comuni della Sardegna dove «esistono siti archeologici importantissimi, con ritrovamenti ben più importanti dei generalmente modesti corredi funebri di Tuvixeddu». Ma in ogni caso imporre un regime vincolistico su un’area di 120 ettari solo perchè su 22 vengono riscontrate «preesistenze storico-culturali» comunque protette da vincoli diretti e indiretti è una scelta «di competenza psichiatrica». I legali di Coimpresa liquidano le conclusioni del sostituto procuratore Daniele Caria - contenute nel decreto di archiviazione dell’inchiesta penale per corruzione che ha coinvolto anche il costruttore Gualtiero Cualbu, la cui posizione è stata archiviata - sostenendo che «sono fondate su una lettura e un’interpretazione molto personali dei fatti e della normativa di riferimento». Caria - secondo i due avvocati - avrebbe colto l’occasione «per manifestare il proprio completo disaccordo con le decisioni del Tar e del Consiglio di Stato» favorevoli a Coimpresa. Mentre le note di servizio dell’ufficiale di polizia giudiziaria Fabrizio Madeddu - secondo le quali i nuovi ritrovamenti archeologici ci sono e sono fuori dai vincoli - sarebbero caratterizzate da una lunga serie di omissioni. Il servizio della Nuova Sardegna del 9 dicembre 2010 dove si riportavano le risultanze delle indagini penali condotte dalla Forestale - prodotto dai legali della Regione - è invece per gli avvocati Corda e Rossi «un deplorevole coacervo di bugie, travisamenti, valutazioni e impressioni senza alcun fondamento». Gli avvocati di Cualbu chiedono fra l’altro ai giudici amministrativi supremi di dichiarare inammissibili numerosi documenti prodotti dall’ufficio legale della Regione, da Italia Nostra e dall’associazione Sardegna Democratica presieduta da Renato Soru.
GLI SCHIERAMENTI
Davanti ai giudici anche i legali di Soru
L’interminabile battaglia giudiziaria sull’edificazione di Tuvixeddu potrebbe arrivare alla fase decisiva il 25 gennaio, quando il Consiglio di Stato stabilirà - nella stretta sostanza - se i vincoli a difesa dell’area archeologica e del paesaggio storico del colle sono sufficienti oppure se aveva ragione l’amministrazione Soru, che voleva esterderli all’intera area, fino a bloccare il piano edificatorio di Nuova Iniziative Coimpresa. Gli schieramenti in campo sono due: da una parte la Regione, affiancata dalla Sovrintendenza ai beni archeologici attraverso l’avvocatura dello Stato, dall’associazione culturale Italia Nostra e dall’associazione Sardegna Democratrica. Dall’altra la società del gruppo Cualbu e il comune di Cagliari, che ha competenza sulla realizzazione del parco archeologico bloccato dalla Procura per i presunti reati commessi nella fase di realizzazione del progetto. Presto sulla vicenda si esprimerà anche un collegio arbitrale, chiamato a valutare i presunti danni subìti dall’impresa per i ritardi nei lavori provocati dalle iniziative di Soru.