Niente stipendi e tredicesime, spese bloccate se non firma Floris
CAGLIARI. Rigore assoluto: ogni uscita anche insignificante dev’essere autorizzata dal presidente della Fondazione Emilio Floris e vistata dal consigliere di amministrazione Oscar Serci. Sparito dalla scena il direttore amministrativo Vincenzo Caldo, approdato al Maggio musicale fiorentino come capo del personale, i vertici del teatro lirico hanno spogliato di ogni potere il sovrintendente Maurizio Pietrantonio, che appena prima di Natale aveva rimesso nelle mani del sindaco il proprio mandato. Ora tutto passa per l’organo amministrativo ed è un segnale chiarissimo di sfiducia nei confronti di Pietrantonio, la cui posizione dovrebbe andare all’esame dell’organo amministrativo subito dopo l’epifania. Esame non facile, perchè il sovrintendente è stato confermato per altri quattro anni non più di due mesi fa ma subito dopo sottoposto insieme al direttore amministrativo a un’azione di verifica sui conti affidata a Serci, che nel consiglio rappresenta il ministero dei beni culturali. Pietrantonio, travolto dalle critiche dei sindacati, ha preso atto della situazione e ha offerto il proprio mandato al presidente Floris. Ma non si è dimesso e la sua offerta deve comunque passare la ratifica del consiglio di amministrazione. Qui nascono due problemi: il primo è che il cda è incompleto, mancano i rappresentanti del comune. L’altra è che Pietrantonio ha in tasca un contratto di quattro anni ed è molto difficile che accetti di farsi liquidare senza una sostanziosa buonuscita. Gli interrogativi sono dunque legati alla legittimità delle decisioni assunte dall’organo amministrativo e alla possibilità di affrontare un “investimento” notevole soltanto per mandare a casa il sovrintendente. Il tutto mentre il teatro ha le casse vuote, al punto che i quasi trecento dipendenti hanno trascorso le feste natalizie senza stipendio e tredicesima. All’approvazione della finanziaria regionale dovrebbe arrivare la prima quota del contributo legato alla legge sul decentramento, destinato a coprire il primo trimestre del 2011. Ma è chiaro che senza un intervento strutturale sui conti e un piano di rientro credibile le sorti del teatro lirico resteranno vincolate all’enorme debito patrimoniale lasciato dalla gestione Meli, una palla al piede che ha finito per condizionare l’esistenza stessa della Fondazione. Era ampiamente prevedibile, ma in quei tempi parte del sindacato pensava a incassare promozioni e prebende, fra carriere interne folgoranti e incredibili salti di sindacalisti da una parte all’altra della barricata. Il disastro attuale - cui il sindaco Floris ha contribuito lasciando mano libera a Meli per due anni, gli altri quattro ricadono nella presidenza di Mariano Delogu - non è che la conseguenza di quegli sprechi sconsiderati. Il taglio del Fus - fondo unico per lo spettacolo - è stato confermato dal ministro Tremonti: senza quello non si va da nessuna parte. (m.l)