Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

C'è Anna Floris tra Mura e Manca

Fonte: L'Unione Sarda
31 dicembre 2010


Tennis, vela e moto le grandi sfide di uno straordinario 2010

Due uomini amanti dell'avventura, quella estrema ai confini dell'incoscienza e della follia, e una donna che, a modo suo, ha scelto di tentare di andare oltre i propri stessi limiti. Tutti e tre hanno sfidato se stessi, più che gli avversari o la natura. Lo sport sardo di questo eccezionale 2010 mette in fila su un ipotetico e impossibile podio tre personaggi che l'hanno reso un po' più popolare. In tutto il mondo, e non è facile. Innanzitutto c'è lui, il quarantacinquenne cagliaritano Andrea Mura, il navigatore solitario che a bordo di Vento di Sardegna ha domato l'Atlantico vincendo, anzi stravincendo, la settima edizione della Route du Rhum, la regata transoceanica dalle coste francesi di Saint Malò alle acque temperate e accoglienti di Port-a-Pietr nell'isola caraibica di Guadalupa. Successo imperioso: molti dei suoi avversari dovevano ancora arrivare quando lui aveva già fatto ritorno in Sardegna. Andrea Mura è un veterano delle acque di tutto il mondo: vent'anni fa aveva partecipato all'affascinante esperienza sul Moro di Venezia, era il randista, nella sua bacheca c'è una Luis Vuitton Cup, anticamera dell'ancor più prestigiosa America's Cup che il velista dello Yacht Club Cagliari ha visto da molto vicino, e sarebbe stata la gloria eterna.
Al secondo posto, primadonna senza dubbio alcuno (e poteva anche essere la prima in senso assoluto), Anna Floris, la tennista cagliaritana che ha gareggiato, seppure nel tabellone delle qualificazioni, dei tornei del Grande Slam dove ormai è di casa: è in partenza infatti per l'Australia dove parteciperà per la quinta volta a uno dei quattro tornei più prestigiosi del mondo. Li ha già fatti tutti almeno una volta, a Melbourne sarà la seconda, ha gareggiato anche a Parigi, Wimbledon e New York, mai un tennista sardo aveva osato tanto. Ed è anche grazie a quei risultati che è arrivata poco sopra il centesimo posto nella classifica mondiale, risultato eccezionale perché Anna, nata nel 1982, non ha fisico e muscolarità di certe ragazzone dell'Est ma il suo tennis è classe e temperamento. Fatica e lavoro.
Al terzo posto, che poteva essere anche il primo se la sfortuna non si fosse accanita su di lui, se cioè fosse riuscito a portare a termine da vincitore la Dakar, c'è Luca Manca, motociclista sassarese che ha tenuto tutta la Sardegna con il fiato sospeso ma che alla fine è riuscito - a modo suo - a vincere una gara ancor più difficile, quella contro la morte che sembrava averlo sconfitto nel deserto di Atacama caro a Luis Sepùlveda, in Cile, dove stava realizzando il sogno di una vita. Luca Manca ha rischiato grosso, travolto dalla sua stessa moto: lo ha forse salvato il suo spaventoso fisico da cestista. Il fratello gemello Alessandro ha giocato quest'anno nella Dinamo che ha conquistato la promozione nella serie A1 di pallacanestro e anche a lui, a Luca, la Dinamo ha dedicato quello storico traguardo.
A seguire altre due donne, altre due ragazze, poco più che bambine. Sulla stessa linea perché non è facile mettere a confronto discipline così diverse, perché che cosa c'azzecca il windsurf con il basketball?
Cominciamo però da Marta Maggetti che, a differenza di Beatrice Carta, ha fatto tutto da sola: a quindici anni ha conquistato due prestigiosi titoli, uno europeo e poi anche quello mondiale, nel windsurf, nella classe Techno 293, nella sua categoria, la under 15. Beatrice, cagliaritana del 1992, ha vinto invece il titolo di campionessa europea di pallacanestro under 18. Non lo ha fatto da sola come Marta, certo, ma lo ha fatto da capitana della Nazionale con la quale due anni prima aveva vinto la medaglia d'argento nella rassegna continentale under 16. Carta è il playmaker (che spesso per ragioni tattiche è anche il leader) di quella squadra ed è probabilmente anche la miglior giocatrice europea della sua età e del suo ruolo.
Donne, ancora donne: appena un gradino più in basso tra le regine del 2010 non può non esserci Maria Aurora Salvagno, velocista algherese che ha conquistato la medaglia d'oro ai campionati italiani indoor sulla distanza dei 60 metri piani e ha quindi strappato anche la convocazione in maglia azzurra ai mondiali dov'è approdata alla semifinale. E poi c'è Francesca Deidda, arrivata, partendo dalla Promogest di Quartu, ai vertici del nuoto sincronizzato giovanile italiano, prima di ritrovare gli uomini (ma è una tendenza nazionale quella che vede il cosiddetto sesso debole occupare podi e copertine): il pugile di Quartu Andrea Sarritzu ha conquistato la corona europea dei pesi mosca e il ciclista di Capoterra Alberto Loddo ha vinto, tra le altre gare, anche una tappa del Giro di Sardegna ed è questo il risultato (per certi versi storico) che lo proietta al nono posto della Top Ten del 2010 (ma ha vinto anche altre gare in altre parti del mondo annullando così il sospetto che sul traguardo della Piazza dei Centomila gli avessero voluto fare un regalino).
Al decimo posto più che un giocatore o una giocatrice c'è una storia, una vicenda umana che ha colpito tutti nell'anno che volge al termine: Alessandro e Barbara erano la coppia per eccellenza della pallavolo sarda, bravo lui, brava lei, in tutti i sensi, non solo come giocatori (tra i più forti di tutti i tempi in Sardegna) ma soprattutto come persone. Barbara Mura (che aveva controfirmato le promozioni in serie A2 della Novitas di Sestu prima e dell'Airone di Tortolì poi) se n'è andata dopo una breve malattia e Alessandro Maxia - storico leader della pallavolo sarda, dai tempi dell'Olimpia a quelli della San Paolo Tiscali fino all'Augusta dei giorni nostri - è ancora lì che gioca. Lo fa anche per la sua compagna di una vita che non c'è più. Ogni volta che “Max” difende, schiaccia o semplicemente tocca un pallone è come se lo facesse anche lei, Barbara, miss volley.
NANDO MURA

31/12/2010

Commento
Non sembravano così tanti e così bravi


No, non sembravano, francamente, così tanti e soprattutto così tanto bravi: la verità è che la cronaca quotidiana ti travolge, non ti fa apprezzare il valore delle cose e passi rapidamente dai successi di uno ai trionfi dell'altro rischiando di infilarli sì nell'archivio della memoria ma poi ti dimentichi dove hai messo la chiave per riaprire quella porta. Gli exploit degli sportivi sardi, di quelli cioè che hanno ottenuto un risultato individuale a livello internazionale, sono però la punta di un iceberg che ha dimensioni enormi. Inaspettate? Sì, nello sport non c'è certezza alcuna. Però non ci sarebbe un Andrea Mura formato Giovanni Soldini se non ci fossero centinaia di velisti isolani che ogni settimana solcano le acque del Mediterraneo. Non ci sarebbe un'Anna Floris se ogni giorno non ci fossero migliaia di tennisti che si avvicinano a questa disciplina anche se talvolta in vesti, non solo tecniche, molto fantozziane. Non ci sarebbe un Luca Manca se nel cuore di tanti ragazzi, non solo di quelli che amano le due o le quattro ruote, fosse finito il gusto dell'avventura e della conquista, la voglia di andare oltre. Non troppo oltre, per favore. Sardegna, terra di sportivi: penalizzati dall'insularità e dalla mancanza di un tessuto industriale un po' più solido e generoso, ma baciati dalla fortuna di avere un clima amico e enormi spazi su cui far galoppare gambe, ruote e fantasia. È quasi un miracolo che si trovino risorse per soddisfare il piacere di lanciare sfide, a cominciare da quella di Andrea Mura. A pensarci bene, per averlo ascoltato tantissime volte in questi lunghissimi anni trascorsi più in acqua che sulla terra ferma, il vero problema non è stato attraversare l'oceano, da soli: il vero problema è riuscire a mettere in mare la barca. Il resto è un gioco. Ancora, e per sempre, da eterni ragazzi.
N.M.

31/12/2010