Mostre Nell'ex Palazzo di città
Trenta opere raccontano la sua arte semplice e istintiva. Guerrieri nuragici, uccelli favolosi, case sistemate una sopra l'altra, poi papi, madonne con il bambino, Gesù in croce o con il volto straziato dal dolore: in “Perda de arriu”, ultima mostra dello scultore di Villasor Gigi Porceddu (aperta fino a oggi nell'ex Palazzo di città a Cagliari) c'è un mondo immaginario che emerge - annunciato da ogni singolo dettaglio delle opere esposte - per dare senso compiuto alla narrazione.
Le pietre di fiume protagoniste della rassegna organizzata dall'Hermaea nelle sale di piazza Palazzo sono la parte principale del progetto-missione che Porceddu elabora da anni con instancabile passione: liberare e far vivere l'anima prigioniera di ogni pietra di fiume. «Io so che ogni ciottolo nasconde al suo interno un volto o un fregio: sta alla mia sensibilità d'artista cogliere la richiesta di libertà che emana da ogni perda de arriu ».
Scultore autodidatta e precoce, Porceddu ha finora suddiviso il suo percorso artistico in due fasi: quella della ritrattistica in terracotta (al centro della mostra “Lintu e pintu”) e quella della scultura delle pietre fluviali. Nella prima, l'artista modella con le mani e aggiunge terracotta a quella iniziale con l'obiettivo di offrire volti-caricature di grande effetto. Nella seconda, servendosi di arnesi di lavoro semplici come un cacciavite e un coltello, plasma uno dei materiali più difficili da domare, la pietra fluviale.
Parte del fascino dell'attività dello scultore consiste proprio nella scelta del materiale di base. Il mistero è stato lo stesso Porceddu a rivelarlo il 10 dicembre scorso, giorno dell'apertura della mostra nell'ex Palazzo di città: «Cerco le pietre lungo i corsi d'acqua non lontano da casa. ma scelgo soltanto quelle che hanno qualcosa dentro». L'anima, appunto.
Ispirata in massima parte alla tradizione sarda, l'opera di Porceddu è un continuo cogliere e trasfigurare, in pietre dall'aspetto fantastico, facce e forme di eroi dell'antichità nuragica. «Il mio scopo è raccontare con l'arte il viaggio del popolo sardo». Non a caso nelle opere dello scultore, molto apprezzato in Germania, le anime dei guerrieri nuragici stanno accanto a quelle di uomini dell'età contemporanea. «Mi piace immaginare il mio lavoro d'artista come un viaggio alla riscoperta della storia sarda. Ad aiutarmi in questa fatica è quel che l'uomo ha realizzato nei secoli, nel bene e nel male, in Sardegna».
“Perda de arriu” è la sintesi mirabile dell'opera di uno scultore che riesce a trasmettere - un esempio per tutti: le uova marmoree che rimandano alla corrente del primitivismo - il senso del bello. Ogni ciottolo levigato da Porceddu invita alla contemplazione (il volto di Cristo in ossidiana è intriso di un realismo non molto distante dal ritratto) e all'ammirazione. È così per ogni opera dello scultore autodidatta di Villasor: luce e contorni, dettagli e aliti di vita trattenuti a stento da uova di pietra, fanno sublimare in arte le intuizioni “primitive” di uno scultore che, da anni, ama stupire con istintiva semplicità.
PIETRO PICCIAU
27/12/2010