In primavera reperti, plastici e pannelli si sposteranno dalla Passeggiata coperta ad Alghero
La mostra cagliaritana esplora dettagli, storia e segreti della Sagrada Familia
È in questi giorni divisa in tre navate, la Galleria Umberto I del Bastione di St.Remy. Spazio assai vasto, più conosciuto dai cagliaritani col nome di Passeggiata coperta, che ospita sino al 19 febbraio la mostra “Gaudì e la Sagrada Familia. Parabola e iperbole dell'architettura”.
SAGOME FAMILIARI Al centro della sala, un oggetto trasparente e luminoso riproduce gli archi catenari progettati per la Chiesa Santa Coloma de Cervellò al parco Güell. Si riflette su uno specchio, il plastico sterofonicolare, così come fanno le volte convesse, mentre le volte iperboliche in poliuretano sono appese al soffitto. Ci sono molti nomi difficili sulle didascalie che spiegano al visitatore il connubio tra estetica, funzionalità e sperimentazione che è alla base del pensiero di Antoni Gaudì. Ma a guardare le grafiche, sono sagome familiari e avvolgenti. Il curatore della mostra, Angelo Ziranu, è un ingegnere edile laureato a Cagliari. Prenderà tra poco una seconda laurea in architettura, per sentirsi più vicino a quello che considera un maestro. Stando per anni a Barcellona, a lavorare con un'equipe di specialisti nell'Officina della Sagrada Familia, ha approfondito il concetto dell'intersezione delle arti e l'importanza dei calcoli applicati ai sogni. Il percorso inizia con un pannello cronologico che segue la biografia di Gaudì e le tappe della costruzione del tempio, dalla posa della prima pietra, nel 1882, al 2008. Dappertutto, i computer rimandano le immagini del movimento delle colonne a doppio giro, delle geometrie speculari e di altri (per i profani) misteri della scienza.
INTUIZIONI Stampate su plotter, le immagini delle volte delle navate laterali della basilica e il triforio della navata centrale. Plastici di torri e sagrestie, e dei “conoidi”, che sono superfici ondulanti e resistenti. La tecnologia dà corpo alle intuizioni dell'architetto che vedeva nella natura la sua vera maestra.“Con i vasi di fiori, circondato dalle vigne e dagli ulivi, allietato dal chiocciare delle galline, dal cinguettio degli uccelli e dal ronzare degli insetti, e con le montagne di Prades in lontananza, ho catturato le immagini più pure e gradevoli della natura, quella natura che è da sempre la mia maestra”.
Unita a un forte afflato religioso, l'attenzione all'infinitamente piccolo sparso nel creato lo ha portato a coniugare imponenza e lirismo. Sulle fotografie che costituiscono la parte facile dell'allestimento, si osservano i particolari dei cancelli in ferro che imitano le nervature della palma nana, i gasteropodi, le lucertole, i serpentelli riprodotti sulle balaustre e sui doccioni. E semi di robinia sulle torri e germogli e fiori di campo. Del resto il luogo scelto per innalzare la cattedrale era alla fine dell'Ottocento una zona ancora molto periferica. Il carattere sacrale dell'esposizione è sottolineato dal modello dell'erigenda Cappella della Gloria con incisi brani del Pater Noster in 50 lingue del mondo. Sarà la terza, dopo quelle dedicate alla Natività e alla Passione.
LITURGIA E MUSICA Nel catalogo edito da Grafiche Ghiani in italiano, catalano, sardo e inglese si legge che occorrono nozioni di liturgia cattolica, per accostarsi all'idea di Gaudì. In appendice al volume, un testo-omaggio di Pinuccio Sciola sottolinea l'armonia insita nella produzione di Gaudì: “Non avevo mai pensato a un rapporto tra architettura e musica, anche se, soprattutto con il barocco, tutto si rispecchia vicendevolmente. Mentre pensavo alle sinuose architetture nate dalla fantasia dell'architetto spagnolo, sentivo un sottofondo musicale perfettamente intonato. Era la musica dei lavoratori scandita dai loro attrezzi. I muratori, gli scalpellini, gli scultori e gli operai, ricordavano i gruppi dei neri afro-americani che cercavano di recuperare la loro identità attraverso ritmi tribali e straordinarie improvvisazioni vocali e strumentali”.
Scrive Antonio Tramontin, in un altro contributo al catalogo: “Le costruzioni di Gaudì, oggi economicamente impossibili, sono tecnicamente ineseguibili senza la collaborazione di quella esperta manodopera artigianale. Resta il fascino e l'ammirazione per un'opera intrisa di visione e sensibilità per i valori plastici. È proprio il metodo di Gaudì, che fonde materia e spirito, natura e trasfigurazione, che merita rinnovata attenzione. Le sue architetture erano sentite come organismi dotati di vita, non predeterminate, bensì capaci di svilupparsi e evolversi nel corso dell'opera. Gli edifici, costituendosi dall'interno verso l'esterno, sembrano disporsi per crescita cellulare in un flusso continuo di forme”.
L'INCENDIO I progetti originali e i disegni andarono perduti in un incendio nel 1936, dieci anni dopo la tragica morte del loro autore. Il cantiere languì fino agli anni Cinquanta e fu poi ripreso, sempre finanziato da donazioni e dai ricavi dei biglietti d'ingresso. Le strutture proposte al pubblico hanno dimensioni ragguardevoli. Danno il senso della maestosità di quella “caverna” fitta di colonne come un bosco, ed è un senso di armonia quello emanato dagli elementi in metallo e dai fili dei catenari. La mostra, realizzata in collaborazione con la Regione Sardegna, il Comune, l'Università e il Museo Duomo di Cagliari, l'UPC, andrà ad Alghero in primavera. È la prima volta, dicono i responsabili, che si organizza qualcosa del genere in Italia.
Sono previsti laboratori per i bambini e visite guidate.
ALESSANDRA MENESINI
24/12/2010