Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Il viaggio di Igort nelle tenebre del terrore staliniano

Fonte: La Nuova Sardegna
22 dicembre 2010


«Quaderni ucraini», inchiesta per immagini sul genocidio del 1932

DANIELA PABA

Partito sulle tracce di Cecov, Igort incontra Holodomodor, il genocidio ucraino voluto da Stalin che nel 1932 provocò la morte per fame di sei milioni di famiglie. E decide di raccontarlo. Nasce così «Quaderni ucraini», reportage disegnato, presentato dallo stesso autore nei giorni scorsi a Cagliari nel Ridotto del Massimo insieme con Tony Servillo e con Angelo Curti dei Teatri Uniti, in una serata organizzata da Prima Libri e coordinata da Bepi Vigna.
Scorrono le immagini del libro proiettate sul palcoscenico, scorrono i nomi dei testimoni: Nicolay Vasilievich, Maria Ivanovna, Serafina Andreyevna, scorrono i volti e i paesaggi. Ma quando Tony Servillo legge i diari sembra di sentire per la prima volta la forza poetica e drammatica del racconto. Sarà la grandezza dell’attore, sarà la distanza dall’immagine che s’impone sulle parole scritte, sarà l’emozione che invera la parola detta, sarà il buio intorno, ma appare chiaro che Holodomor ha trovato il suo narratore. «Ero partito dall’idea di raccontare Cecov - ha esordito Igort - la casa che aveva sognato una vita, i trasferimenti in treno che duravano giorni. Ma c’era intorno a me una situazione di malessere che avvertivo chiaramente e non riuscivo a spiegarmi. Allora ho capito: devo raccontare quello che vedo».
In teatro la verità passa nell’arte al di là del realismo. Allo stesso modo nei «Quaderni ucraini»: «Quando mi accosto a un libro - ha spiegato Angelo Curti - cerco una battuta tematica che ne riassuma il senso: qui è nella dedica “a Serafina Andreyevna che ha visto e vissuto”. La visione si forma attraverso il dato biografico di una parola vista, non raccontata». Lo stesso accade in «5 è il numero perfetto», best seller di Igort ambientato a Napoli, attorno a cui è nata l’amicizia tra l’autore sardo e la compagnia partenopea: «Una visione dei personaggi che si fa sostanza: i guappi degli anni Settanta diventano personaggi veri e propri, figure vive col contesto, la natura che li circonda. Igort parte dalla visione ma la declina in modi diversi».
Quando Servillo legge di Holodomor nella testimonianza di Serafina «1932 l’anno più terribile della mia vita», Igort racconta: «Non avevo mai disegnato un’intervista, ma se il racconto è il vampiro della mia vita mi sembrava ne valesse la pena. Il libro nasce da uno shock, un dolore forte, avvertito in cui ho cercato di scavare il non detto. Un lutto non vissuto, perché chiunque ne parlasse veniva deportato o fucilato». Alle testimonianze dirette delle vittime il libro alterna il punto di vista del carnefice riportato nelle informative dei servizi di polizia: «Litanie noiose di rapporti scritti male, che ora chiedo ai traduttori di non abbellire; raccontano lo sterminio con un’indifferenza che fa orrore». Scusandosi per la pronuncia improvvisata dei nomi russi Tony Servillo ha sottolineato del libro la potenza figurativa e l’icasticità della tragedia: «Non ho mai avuto una passione per i fumetti, non mi appassiona il dibattito sui generi alti e bassi. Questo libro ci offre la possibilità d’essere informati ma anche di emozionaci, nelle piccole scene, nel centellinare il segno, affidando al massimo della semplicità il massimo del dolore. Significa raccontare la realtà con gli occhi della mente la semplicità delle immagini, che non fa show. In poche tavole il testimone ti parla a tu per tu. Questo libro rende omaggio a chi ha sofferto e, informandoci, dà a noi la possibilità di essere migliori».