Centrodestra. La super-dirigente vicina alle associazioni
«Io sono piccola e senza truppe? Può essere una forza. Fare sintesi, dare a una donna la responsabilità di governo».
La dirigente comunale Ada Lai, 60 anni, non nasconde di essere arrivata quasi alla fine della sua esperienza da dipendente pubblico. Giunta alle soglie della pensione accarezza l'idea di poter correre per la carica di sindaco, stimolata da un nugolo di associazioni del terzo settore. Sposata, madre di tre figli, racconta con gusto di essere anche figlia d'arte: il padre Angelo fu sindaco di Cagliari e, per otto anni, senatore della Dc.
La definiscono l'outsider del centrodestra. Si considera tale?
«Potrei essere il valore aggiunto anche se ammetto che il centrodestra può contare su candidati autorevoli, politicamente più forti di me. Potrei offrire un momento di sintesi, la capacità di ascolto e la determinazione delle donne, la conoscenza della macchina comunale e i problemi della città. Sono a disposizione, in un ruolo diverso».
Lei è però un dirigente comunale, non esiste un conflitto di interessi?
«Solo durante il fascismo i dipendenti pubblici non potevano esprimere le loro opinioni e svolgere attività politica. Qualora dovessi candidarmi mi metterei in aspettativa».
Nel frattempo cosa risponde a chi la accusa di usare il suo ruolo per preparare la discesa in campo?
«Sorrido e non ascolto le malelingue. Chi mi conosce sa che non mischio lavoro e politica. Ho organizzato le convention per Berlusconi e me ne vanto. Ma l'ho fatto al di fuori delle mie funzioni e dell'orario di lavoro. Sono anche attivista e rivendico il fatto di esserlo. Le associazioni mi stimano perché conoscono la mia sensibilità».
La sostengono per questo?
«Fare politiche sociali ti cambia la vita. Ti mette a contatto con i drammi quotidiani della vita, con le esperienze di sofferenza. Sono stata fortunata ad aver avuto la possibilità di confrontarmi con queste realtà, cercando di risolvere quanti più problemi possibile».
Chi le vuol bene dice che il suo punto di forza è la conoscenza della macchina amministrativa. Basterà?
«Questo è il vero valore aggiunto. La politica non conosce la burocrazia, che ha percorsi tortuosi e spesso inestricabili. Saprei dove mettere le mani. Votai per Berlusconi, nel 1994, proprio perché promise di abolire le oltre 4 mila leggi, poi è arrivata l'Europa a ricomplicare tutto».
Ma lei non è a capo nemmeno di una corrente. Questa è la principale debolezza?
«È vero, non ho un partito dietro di me ma c'è una piccola truppa di cittadini che potrebbe fare pressione in mio nome. Andare d'accordo con i partiti è importante nella fase di governo. Mi sento uno spirito libero e questo mi piace molto, visto che questa condizione mi consente anche di essere trasversale».
Ma quali sarebbero le sue priorità?
«Mi porrei all'insegna della continuità con Delogu e Floris. Ci sono tante cose che attendono di essere completate. Questa è una stupenda città d'ambiente, con potenzialità inespresse nel settore della cultura. Vanno finite tante opere avviate, ci sono un sacco di cose da completare, con progetti già esistenti».
Parteciperà alle primarie?
«Io non credo alle primarie all'italiana. I partiti di coalizione devono convergere su un nome: forte, autorevole e sostenuto da tutti».
Senza candidatura cosa farà? Resta dirigente o punta a un ruolo nella prossima giunta?
«Sono a disposizione del centrodestra. Se non sarò io a guidare la macchina, poco male. Farò comunque parte di un progetto, nell'interesse della città. La mia esperienza dirigenziale volge alla fine, visto che credo di essere ormai arrivata a meritarmi la pensione». ( a. mur. )
17/12/2010