Compie oggi cent'anni l'uomo che rifondò il Cagliari nel 1935
Cent'anni, una bella età: proprio oggi. Renzo Carro c'è arrivato anche perché è stato uno sportivo vero. È proprio il caso di dirlo: d'altri tempi. Chi, se non lui, classe 1910, quando la Prima guerra mondiale doveva ancora scoppiare? Ha un marchio, indelebile, nel suo cuore di sportivo: l'Olimpiade di Roma 1960. Cronometrista delle gare di atletica. E qui affiora il primo ricordo. Doveva prendere nella gara dei 100 il tempo a una affascinante americana di colore di nome Wilma Rudolph, sulla quale avevano messo gli occhi Livio Berruti e Cassius Clay. Si emozionò - così narrano i figli - e non fece scattare il pollice: per fortuna i cronometristi erano due per ogni atleta e tutto fu regolare.
Renzo Carro, cagliaritano di Villanova, è più vecchio del Cagliari Calcio, che di anni ne ha soltanto novanta e almeno la metà li ha condivisi con questo dirigente, capace e discreto, che ha attraversato la storia della società rossoblù, sempre in punta dei piedi. Segretario, tesoriere, memoria storica, tifoso. Talmente tifoso che fino a due anni fa Renzo Carro andava regolarmente allo stadio, accompagnato da Lino Bistrussu che oggi a nome del Comune gli consegnerà la medaglia che la città offre ai suoi simpatici vecchietti.
Anche adesso che la salute lo ha un po' abbandonato (a causa degli inevitabili acciacchi dell'età) non si perde una sfida alla televisione: il suo cuore batte per quei colori, ma quegli stessi colori gli devono tanto. Tantissimo. A metà degli anni Trenta, il Cagliari si era sciolto perché colpito da un insanabile dissesto economico ed era stato proprio lui, insieme con altri dirigenti passati alla storia come Mario Banditelli, Nino Perani e Lino Corrias, l'aveva rifondato, e da allora non l'ha più abbandonato se non quando l'età non gliel'ha più permesso, una ventina d'anni fa.
Li ha visti tutti, di ogni colore: è custode di mille segreti, lui che aveva un ruolo che oggi, un po' enfaticamente, viene definito team manager. Era il dirigente accompagnatore e in un'epoca in cui non c'erano bancomat e carte di credito partiva al seguito della squadra con un bel malloppo di soldi contanti. Una volta, racconta il figlio Beppe, li aveva dimenticati a casa e dovetti precipitarmi a Elmas per portarglieli: era un bel gruzzolo, mamma mia che ansia.
Ha diviso la panchina fino all'arrivo di Claudio Ranieri, ma sono tante le fotografie che lo ritraggono al fianco di Scopigno, nell'anno dello scudetto, insieme con il medico sociale Augusto Frongia e con il vice del filosofo Ugo Conti. Sono mille e ancora mille i personaggi che hanno avuto la fortuna di incrociare il proprio destino (non soltanto sportivo) con questo galantuomo che - lui continua a negare ma è andata esattamente così - per creare la Unione Sportiva Cagliari al posto del disciolto Club Sportivo Cagliari non aveva esitato a mettere una ipoteca sulla propria abitazione. La moglie e i figli lo avrebbero scoperto solo molti anni dopo e avevano avuto un attimo di panico. Come dire, ci è andata bene.
Affetto, quasi amore: il Cagliari, per Renzo Carro, è stata un'amante alla quale è stato fedelissimo. L'ha vista scalare la montagna fino alla serie A, l'ha accompagnata all'altare dello scudetto, l'ha vista anche sprofondare fino all'orlo della C2 per poi risalire le vette della gloria.
Con il Cagliari non ha guadagnato una lira che è una: il sospetto dei tre figli è che, anzi, ce ne abbia rimessi. Dipendente dell'Anas, ha aspettato per una vita la domenica per assistere a una partita del suo Cagliari. Ma non è stato solo il Cagliari la sua grande passione: anzi, proprio il calcio non l'ha mai praticato, gli altri li ha prima o dopo provati tutti. Dirigente anche del Coni, la prima volta nel 1938, l'ultima nel 1980. Nel 1983 l'allora presidente Franco Carraro gli aveva concesso l'onore della Stella d'argento al merito sportivo.
Sempre ruoli defilati ma insostituibile. La sua grande passione erano i Giochi della Gioventù, una grande macchina organizzativa. Gli piaceva la pallacanestro, combattuto anch'egli tra Esperia e Olimpia dopo il famoso strappo del 1953. Ginnasta combattuto tra Arborea e Amsicora, amico della Rari Nantes quando la società di Su Siccu si specchiava nelle acque ancora limpide della Darsena, è stato vicino anche ai Canottieri Ichnusa. Renzo Carro è stato ovunque. E ovunque è stato il discreto testimone di un secolo di vita che ogni sportivo con mezzo cuore rosso e l'altro blu avrebbe voluto vivere.
NANDO MURA
14/12/2010