Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Le mille lingue del cinema

Fonte: La Nuova Sardegna
13 dicembre 2010

LA RASSEGNA A CAGLIARI

Giorgio Diritti e Edoardo Winspeare al Babel film festival

CAGLIARI. Edoardo Winspeare, salentino, regista di «Pizziccata», «Sangue Vivo» e «Galantuomini»: «Siccome in Salento si parla il dialetto, i miei film sono in dialetto. Non ? stata una scelta di natura ideologica, ma legata al fatto che mi sembrava pi autentico far recitare i personaggi nella loro lingua». Giorgio Diritti, emiliano, autore di due straordinari film come «Il vento fa il suo giro» e «L'uomo che verr?»: «ªIl vento fa il suo giroº ? stato pensato da Fredo Valla, sulla base della vera storia di un capraro francese, ex insegnante, che, dai Pirenei, arriva in un paesino di montagna, quasi completamente spopolato, della provincia di Cuneo, e prende in affitto delle terre e una casa per allevare il suo gregge e vendere i prodotti della sua attivit? Ð dice diritti Ð «La storia mescolava naturalmente tre lingue, l'occitano delle valli del cuneese, il francese e l'italiano; e dunque il modo migliore di segnalare, realisticamente, le dinamiche sociali e culturali di quel paesino e dei problemi che la venuta dello «straniero» aveva provocato, era quello di far parlare ad ognuno la sua lingua». «Poich? il film, per?, ? una radiografia delle difficolt ? di comunicazione e scambio tra le diverse micro realt?, la lingua finisce per essere anche un'allegoria. Pu? unire e dividere allo stesso modo, cos? come l'esaltazione delle culture locali, oggi tanto in auge, ? un dato positivo se esce dalle chiusure provinciali e si apre al confronto e all'accettazione degli altri mondi. Questa, insomma, ? la sfida del futuro». Le due dichiarazioni, frutto di colloqui con il pubblico e di successive chiacchierate, hanno, in qualche modo, aperto e chiuso il Babel film festival Ð oggi in dirittura d'arrivo, all'Auditorium comunale, con le ultime proiezioni e le premiazioni Ð all'insegna di una forte consapevolezza del valore culturale, sociale e estetico delle lingue locali nell'ambito filmico, e, nello stesso tempo, di una smitizzazione delle presunte virt ªsalvificheº del localismo. Non a caso, il successivo film di Diritti, «L'uomo che verr?», che racconta la strage nazista di Marzabotto, ? obbligato ad usare il pluringuismo Ð dialetti emiliani, italiano, tedesco Ð in un contesto di memoria microstorica votata alla tragedia. E gli stessi «Sangue vivo» e pi ancora «Il vento fa il suo giro» sono dei film drammatici Ð il primo quasi un melodramma viscontiano Ð che problematizzano all'estremo l'idea della comunit? locale come isola separata dal resto del mondo. Le tematiche affrontate dai due registi local-nazionali rimbalzano indirettamente nei film, in concorso o meno, proiettati finora al salone della Cineteca sarda e al cinema Odissea. Anche in questo caso, poca ideologia e molto realismo, quasi che, in Europa come in altri continenti, il nuovo cinema d'autore, sia quello che trova la via delle produzioni professionali e delle sale cinematografiche, sia quello legato al circuito dei «filmmakers », stiano cercando di rifondare il cinematografo Ð o forse l'intero settore audiovisivo Ð dal basso, ribaltando il generico universalismo della grande Storia del cinema in cui la Cina o l'Africa potevano essere ricostruite a Hollywood. Ovviamente, lo spettacolo cinematografico e la fiction televisiva non hanno nulla da temere sulle proprie sorti di creatori di ªimmaginario º popolare, ma ? per? curioso che i percorsi autobiografici dei due registi, si assomiglino. Winspeare, nonostante il cognome inglese, ? salentino doc, ma anche pronipote di un vice prefetto che fu inviato a Nuoro subito dopo l'Unit? d'Italia. Studia a Firenze, Monaco, New York e, negli anni Ottanta, gira film sulle minoranze etniche in Kazakistan e quindi nel sud della Spagna. Il passo successivo ? tornare nel Salento per raccontare la propria terra attraverso la doppia identit? di osservatore esterno e di partecipante alla cultura locale. Diritti, emiliano, segue il padre, funzionario di banca, in giro per l'Italia, ed in particolare in Piemonte, incuriosendosi per le tante Italie. Ma ? facile fargli confessare che l'essere emiliano significa anche appartenere ad una regione che ha dato uno straordinario contributo autoriale al cinema italiano (Fellini, Bertolucci, Antonioni, Bellocchio, Avati, Zavattini, Cavani, Guerra, Pasolini), in qualche caso segnato dalla duplice appartenenza culturale e antropologica: locale e universale. Che cosa sarebbe Fellini Ð con il quale Diritti collabor ? per «La voce della luna », occupandosi proprio di cercare volti e voci tipiche della provincia emiliana Ð senza Rimini? E Bertolucci senza Parma, o Avati senza Bologna? Eppure a nessuno verrebbe in mente di classificare questi artisti come regionali o locali. Resta cos? sempre valida la definizione di Tolstoj, citata da Winspeare: «Parla del tuo villaggio e parlerai del mondo al mondo.