Perdono Sassari, Oristano e Nuoro, guadagnano Cagliari e Olbia
ALFREDO FRANCHINI
CAGLIARI. Federalismo sempre più complicato. Mentre tra i governatori riuniti nella Conferenza delle Regioni è rissa, i dati della Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo non lasciano dubbi: alcuni Comuni saranno penalizzati e tra questi ci sono Sassari, Nuoro e Oristano. Andrebbero a guadagnare solo Cagliari e Olbia.
Federalismo a macchia di leopardo quello che potrebbe entrare in vigore con l’anno nuovo a patto che venga approvato il decreto legislativo che mette fine ai trasferimenti statali per lasciare spazio al mix di tributi sul territorio con cui dovranno fare i conti Comuni e Province. I tributi su cui si deve fare conto sono diversi: dall’imposta di registro a quella catastale, l’Irpef fondiaria e la novità della cedolare secca sugli affitti.
In base alle proiezioni ministeriali, divulgate da un senatore del Pd, Marco Stradiotto, se le norme sul federalismo dovessero essere approvate in tempo per il 2011, in Sardegna i Comuni più penalizzati sarebbero Sassari e Nuoro. In valori assoluti Sassari rischierebbe di perdere 5,7 milioni (-18 per cento) e Nuoro, invece, subirebbe un taglio di quattro milioni che in percentuale significa meno trentasette. Si troverebbe a far fronte ai tagli anche Oristano (-2%) con una diminuzione del proprio budget pari a 180 mila euro.
La vera catastrofe finanziaria di un federalismo fatto da chi tira da una parte e chi dall’altra si abbatterebbe su tutto il Mezzogiorno: Napoli rischierebbe il tracollo perdendo 392 milioni (-61%), Palermo -185 milioni e L’Aquila scenderebbe dagli attuali 40 milioni trasferiti dallo Stato a 26. Le cose, almeno sulla carta, dovrebbero andare meglio per Olbia e Cagliari. In termini percentuali Olbia sarebbe addirittura la prima città d’Italia per incremento delle entrate: +180%. Un risultato che porterebbe nelle casse del comune di Olbia 16,2 milioni. Cresce anche Cagliari: un milione e centomila euro in più con due punti di differenza percentuale in crescita. Tra i Comuni che ci guadagnano il primo in assoluto è Milano (+169 milioni con una crescita del 34 per cento) e, in generale, tutti i centri del Nord: +40 milioni a Bologna, 51 a Brescia, 82 a Lodi, 105 a Parma, 68 a Siena.
In questo scenario si può capire perché il presidente della Conferenza delle regioni, Vasco Errani (Pd), non riesca a mettere d’accordo i governatori. Le cronache delle ultime riunioni rivelano la guerra tra Regioni a statuto ordinario e regioni a statuto speciale. La Sardegna riceverà dalla compartecipazione circa 5,5 miliardi di euro ma ha la terribile spesa sanitaria da affrontare (poco più di tre miliardi). Per gli investimenti, è evidente che resta ben poco e che, a questo punto, la battaglia sulle entrate diventa un passaggio ineluttabile per lo sviluppo dell’isola. Si tratta di entrate certe, cioè stabilite, ma non onorate dallo Stato che ha chiesto alla Regione le norme di attuazione per procedere ai trasferimenti; norme che, secondo l’opposizione di Centrosinistra, non erano affatto necessarie. Il dato di fatto emerso dalla Conferenza delle regioni è che il federalismo è considerato da tutti in modo positivo. Ma la maggior parte dei governatori per dare il loro parere favorevole chiedono da mesi che il governo riveda almeno in parte i pesanti tagli che sono stati imposti alle amministrazioni regionali dalla manovra di luglio (-4 miliardi per il 2011 -4 miliardi e mezzo per il 2012) e chiedono la reintroduzione della fiscalizzazione del trasporto pubblico locale.
Come andrà a finire la partita dipenderà dagli emendamenti che saranno presentati (e approvati) e naturalmente dalla volontà di arrivare a un punto d’incontro tra le regioni ricche e quelle in ritardo di sviluppo. Il governo ha fatto qualche apertura sul fronte degli emendamenti proposti dalle Regioni al decreto sul federalismo regionale (sono stati accolti quasi tutti) ma rimane più duro il confronto sulle risorse. Le Regioni sperano di ottenere l’intero finanziamento del trasporto pubblico locale (intanto per il 2011) che la manovra di luglio aveva praticamente azzerato.