Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

“Pazza idea” di un'altra (bella) Italia

Fonte: L'Unione Sarda
6 dicembre 2010

Rassegne. Al “Ghetto” di Cagliari dibattito con scrittori e urbanisti nazionali sulle inquietanti «marmellate urbane» del nostro Paese

È come la storia di Peter Schlemihl, che vende la propria ombra al diavolo in cambio di una borsa magica di monete, che non finiscono mai. Ma si può esistere senza ombra? Con questa metafora Giorgio Todde, presidente dei Presìdi del Libro, apre la serata clou della rassegna “Pazza idea”, disegnata da Emilia Fulli e Mattea Lissia, per parlare di follie del quotidiano attraverso arte e letteratura.
Follia - letteraria - vendere la propria ombra. Follia - reale, normale - vendere il proprio territorio a privati per continuare a costruire, compulsivamente, come se il suolo a disposizione non avesse mai fine. La fine, invece, è già arrivata. Da molti anni. E ce lo dicono le nostre città, che non sono più città, polis, ma una “marmellata urbana”, come quella che da Torino arriva a Mestre. O quella, ancor più spaventosa, che da Napoli arriva a Caserta.
Villettopoli, capannoni, città mercato che replicano antichi borghi medievali, antichi borghi medievali che poggiano su zone industriali, periferie che hanno già quaranta, cinquant'anni, moderni borghi del nostro medioevo.
La serata “Pazzi senza terra” si annuncia da subito densa. Della densità della nebbia, di quella della ragione che genera cemento, di quella che a Milano non c'è più. Parola - provocazione - di Gianni Biondillo, scrittore ( Metropoli per principianti , Guanda), architetto, uno che ha percorso a piedi tutta la tangenziale di Milano. Pazzo, sì, se non altro per le polveri sottili inalate. Ma solido e spietato nel verdetto finale: «La natura in Italia non esiste più, è il luogo più antropizzato, modificato, pettinato, con tutti i filari di viti ordinati: il territorio è finito, si deve arrivare non solo al km zero ma anche al metro quadro zero, recuperando e riqualificando quello che c'è, ricucendo lentamente».
Stesso monito da parte dell'urbanista Paolo Berdini, docente, collaboratore di “Report”, autore di La città in vendita. Centri storici e mercati senza regole (Donzelli). C'è il caso romano di Tor Bella Monaca, dove si vogliono risanare i tre milioni di metri cubi costruiti con un altro milione da costruire. Ovviamente edilizia privata, «parlare di pubblica è bestemmia», afferma Berdini. Che però registra che «il vento della follia sta cambiando» (il fatto che un freddo sabato sera un'ottantina di persone ascoltino parlare di “pazzi senza terra” al Ghetto degli ebrei di Cagliari, è anche quello un segnale).
Di follia al contrario, positiva e poetica, racconta Vezio de Lucia, urbanista, assessore all'urbanistica di Napoli negli anni Novanta. Racconta la parabola di Bassolino sindaco, da principe illuminato, che ha ripulito e pedonalizzato piazza del Plebiscito, trasformato le acciaierie di Bagnoli in parco pubblico e voluto una cintura verde di settemila ettari attorno ai tremila di Napoli città. «Poi la sua follia finisce, entra in contatto coi politici»: inizia ad assomigliare a Cirino Pomicino, diventa potente, vorrebbe diventare onnipotente: la sua sorte di discredito, ora, è sotto gli occhi di tutti. L'impressione è che quella di sabato, delle cinque serate, sia stata la più conforme al tema della rassegna, la più necessaria, urgente. Ad un certo punto Berdini ha pronunciato Capo Malfatano. A proposito dello scempio in corso, 150mila metri cubi di cemento che avanza. Solo un accenno. Quanto basta per ricordarci che l'ombra, anche qui, in molti l'hanno già venduta.
RAFFAELLA VENTURI

06/12/2010