Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Dal basco al sardo Le lingue tagliate parlano a «Babel»

Fonte: La Nuova Sardegna
6 dicembre 2010




Nella sede della Società Umanitaria fino a sabato le opere in concorso, quelle invitate e gli incontri con autori

GIANNI OLLA

«Babel film festival». Il titolo indica il caos linguistico che dovrebbe pervadere le cinematografie di tutto il mondo e che, di questi tempi, si potrebbe tradurre come ricchezza culturale. Lasciando perdere ogni discussione specialistica, il titolo è semplicemente e ambiziosamente (sia detto in senso positivo) un festival competitivo, con tanto di premi, dibattiti, incontri con autori, che si aprirà oggi (6 de Nadale, come precisa con etncica correttezza politica la «brochure» della manifestazione), con la presentazione pubblica e con le prime proiezioni, tra le quale spiccano alcuni titoli in concorso: alle 21, «Amona Putzli» del basco Telmo Esnal, «Keats Earth» dell’olandese Willem Witts, «Earth» di Tzema Uribarri, catalano. A seguire un film fuori concorso, «Un mondo perfetto», dell’italiano Diego D’Innocenzo, già famoso per essere stato girato tra le comunità mennonite del Messico e della Bolivia (i mennoniti sono la più numerosa tra le chiese riformate cristiane di dottrina anabattista).
Come si può capire da questi primi titoli, il senso del festival sta tutto nel tracciare una mappa del cinema (o dei film) che hanno in comune l’adozione di una lingua minoritaria (dal basco al sardo, per citare quelle più conosciute) sommersa dai ceppi linguistici maggiori e dominanti. Quindi una mappa che punta a fare emergere ciò che viene ignorato o addirittura cancellato.
La tendenza, che non è mai stata considerata importante in un mezzo di comunicazione universale come il cinema (che, non a caso, è nato senza il parlato), si è affermata - senza mai esplodere nel cinema commerciale - in questi ultimi 10-15 anni, in parte per la possibilità di fare a meno della macchina cinema di tipo industriale (i mezzi elettronici e poi digitali ne sono stati lo strumento tecnico), in parte per la perdita d’importanza delle cinematografie nazionali propriamente dette (ad esclusione di quella statunitense), e infine perché la circuitazione di ciò che ancora chiamiamo «film» (ovvero qualsiasi tecnica di registrazione audiovisuale che racconti storie, documenti, o che immagini poeticamente il mondo) è affidata a molteplici strumenti, dalla tv a Internet, spesso saltando a piè pari proprio la sala cinematografica.
Comunque, in questo caso la sala ci sarà: è la sede della Società Umanitaria-Cineteca Sarda, dove fino a sabato 11, verranno presentate le opere in concorso e quelle invitate, si terranno gli incontri con autori noti e meno noti (da non perdere, il 7, alle 11.30, l’incontro con il pugliese Edoardo Winspeare, e il 10, alla stessa ora, con Giorgio Diritti), le conferenze e i convegni su argomenti che sfiorano appena il cinema, ma si concentrano sull’uso delle lingue minori, tra le quali il sardo.
La Cineteca Sarda è anche il terminale di una vasta compagnia di promotori e organizzatori, guidati da Antonello Zanda, Tore Cubeddu, Paolo Carboni, che ha dato gambe all’idea iniziale, sostenuta dalla Regione, dalla Provincia e dal Comune e dall’Università di Cagliari e dalla Fondazione Banco di Sardegna. La giura ha un prestigio indiscutibile, essendo guidata dal regista Giorgio Diritti, autore di due capolavori parlati nelle lingue locali (occitano per «Il vento fa il suo giro» e dialetti emiliani per «L’uomo che verrà») che hanno circolato con successo nelle sale italiane.
Non resta dunque che immergersi nella lunga serie di proiezioni previste dal cartellone di «Babel», augurandosi che il festival, come quasi mai accade in Sardegna, si stabilizzi e si apra anche a paesi più lontani.