letteratura Si chiude “Pazza Idea”
La follia è nel quotidiano, parola di Marco Dotti. «Ma nel quotidiano anche come giornale», precisa. E ricorda una foto, a proposito di Monicelli, uscita su una grande testata: un lenzuolo bianco macchiato di sangue, con sotto il corpo. «Si può pubblicare una foto così? No». Eppure si pubblica, perché il morboso, lo scabroso, lo sconcio sono divenute normali categorie visive. «Meglio Vespa coi suoi plastici, allora». Oppure no, non c'è da stilare una graduatoria nella malattia di questo circo quotidiano. Del quale siamo gli spettatori, folla da quadro di James Ensor che ride e piange, che osserva, osservata, ma afasica, intontita, anestetizzata. Carne da voto, insomma, poi tanti saluti. È la fotografia di Dotti, che combacia con quella del Censis, appena sviluppata: un'Italia appiattita, che stenta a ripartire, con la crisi che incombe e un inconscio collettivo senza più legge e desiderio. Questo il Censis, ieri.
La notte precedente, Dotti, docente alla facoltà di Comunicazione interculturale e dei media dell'Università di Pavia, collaboratore del Manifesto, Alias, Indice dei Libri, invitato a parlare al Ghetto dai Presìdi del Libro per la rassegna Pazza Idea, ideata e organizzata da Mattea Lissia ed Emilia Fulli, declina il tema della “normale follia” attraverso libere suggestioni, spunti letterari fra Marx, Baudrillard, Lombroso, Pasolini, Zanzotto, Dorfles, il centenario che dice di non avere paura del vuoto. Dotti lo cita a proposito dell'“igiene visiva”, denunciando l'inquietante avanzata delle rotatorie (“volute dai leghisti”). Ci stanno, eccome, anche le rotonde nelle follie del quotidiano, perché stanno cambiando il paesaggio. «Servono nuove alleanze, pause nel pensiero, serve un teatro che da civile diventi incivile, chiami alla partecipazione, faccia ciò che i giornali non fanno più».
La parola passa a Saverio Tommasi, attore e scrittore, una specie di “iena” che si camuffa da leghista e con telecamera al seguito va al raduno della specie: altro che “circo della verità”, il video che presenta è circo e basta, senza offesa per Zanfretta e la famiglia Orfei. Anche Tommasi mette in croce l'informazione, la faciloneria di notizie date per sentito dire, come nel caso di Guido Galli “salvo per miracolo” nel terremoto di Haiti: dopo qualche giorno il suo corpo viene ritrovato fra le macerie e il titolo è “Il miracolo non si è dato”. Poi fa una lista delle espressioni assurde comunemente usate: senza fissa dimora, nomadi, schiave del sesso, vu cumpra', ma anche famiglia. E lì entra in un nodo cruciale di risignificazioni. Presenta il secondo video, da lui girato di nascosto dopo avere dato l'adesione (e pagato 150 euro per quattro giorni) per un corso di “guarigione per omosessuali”, tenuto in provincia di Bergamo da 13 suore. Anche qui il circo, nella forma più deteriore, è assicurato. Ai bambini maschi non bisogna far fare pipì seduti, perché è da femmine. E se una bambina accenna a volerla fare da in piedi, beh… Bisogna scacciare Satana se si vuole uscire dall'omosessualità. A tenere il corso è un ex omosessuale, redento e sposato. La famiglia, ad ogni costo. Stasera chiusura dei lavori, sempre alle 21 al Ghetto, con “A cuore scalzo”, sulla figura della grande poetessa, fotografa e intellettuale Antonia Pozzi, presentata da Graziella Bernabò, sua biografa e curatrice, e Marina Spada, regista del film “Poesia che mi guardi”. L'ingresso è libero.
RAFFAELLA VENTURI
05/12/2010