CAGLIARI. «Italia, croce edilizia» è il titolo quanto mai efficace che Italia Nostra ha scelto per un ciclo di conferenze al via oggi a Cagliari (vedi il programma nell’articolo a destra) sulla colata di cemento che indistintamente riguarda il Paese. Si parlerà di consumo dei suoli, scomparsa dei territori agricoli trasformati in edificabili, della crosta uniforme di cemento che ricopre un Paese ossessionato dalla monocultura del mattone e decreta la vittoria della rendita su tutto. Di seguito lo scrittore Giorgio Todde, tra i promotori dell’iniziativa, spiega le ragioni di chi, legittimamente, si oppone a tutto ciò.
di Giorgio Todde
«Basta con il No! Dite sempre No! Non potete dire solo No, serve una proposta!”. Queste le trite obiezioni mosse da “quelli del sì” a chi ama il paesaggio e l’ambiente.
Noi difendiamo la ricchezza del No, la proposta del No. Il No è fecondo, accresce il riconoscimento di sé e del territorio, rafforza l’identità, induce all’amore e alla curadei luoghi, spinge alla partecipazione. Dal No discende una progettualità multiforme e speculare alla distruttiva progettualità di quelli del SI’ che hanno costruito una macchina appariscente e solida.
Alcuni, da sinistra, hanno astutamente provato a modificare dall’interno la macchina del Sì, ma sono finiti loro modificati dal meccanismo che è troppo, troppo potente perché lo si possacambiare dall’interno. È finita in tragica beffa questa faccenda di penetrare dentro il sistema e mutarlo. Tanto in beffa che anziché modificare il sistema si è modificata la sinistra, un tempo personificazione della grandezza del No, assorbita dal sistema sino a rassomigliargli.
A forza di inseguire il Sì hanno vinto i localismi più biechi e ha perso valore la ricchezza della diversità. L’espressione dello storico Piero Bevilacqua è esemplare: «La nazione non si è fatta forte del paese che aveva in corpo». Il “localismo” è l’espressione deteriore e degenerata dell’identità che è invece un concetto nobile e alto. I localismi consumano il paesaggio e i suoli, considerati proprietà esclusiva dei comuni e di chi li abita. E mentre lo Stato tedesco definisce una data vicina nella quale si arriverà al consumo zero del territorio, qualcuno mette in dubbio il valore immenso del No. Ci perdiamo, impauriti dalla limpidezza del No, in una discussione azzardata sulla necessità della “proposta” e lo facciamo anche perché dalla sinistra impaurita è nata l’idea vergognosa “dell’ambientalismo del fare” dal quale deriva l’altra idea che senza una “proposta” non si possa esistere. Per sentirsi vivi bisogna “fare” o, almeno, “proporre”. Sennò si è fuori. Una neosinistra Ogm con il gene del Sì.
Il No è in sé una proposta e contiene un’intera filosofia: «Fermiamoci, fermiamo il baccanale sviluppista, i luoghi conservano un immenso e durevole valore solo se si mantengono intatti e tutelati da norme insormontabili, consumiamo troppo di tutto e quindi anche troppo territorio, le campagne sono deserti, non produciamo e non utilizziamo prodotti locali, abbiamo stravolto le nostre città divenute mostri che non finiscono mai, dove ci si sposta solo con le auto, si sfaldano i rapporti e i controlli sociali...».
Il No è salvifico, pedagogico, salutare, lenitivo, preserva la virtù e possiede il dono della chiarezza, costringe allo schieramento, alla discussione, alla partecipazione. Il No richiede fermezza e coraggio. Il No ha una storia nobile e antica. E chi dice No detiene già una elevata conoscenza di sé e dei luoghi che abita, mentre chi non possiede questa conoscenza dirà Sì a tutto.
Da quando esiste la nostra specie il Sì è assai più semplice e facile del No.
La proposta è contenuta nello stesso No, quando il No è un No profondo e riflettuto. Il No è secondario al possesso di una proposta e chi formula un No lo fa proprio perché ha già elaborato un’alternativa.
Ovvio, c’è No e no. Ma non ci occupiamo dei piccoli “no”. Il No è una delle parole che si apprendono precocemente ma è una delle prime espressioni della nostra complessità e la sua brevità non è segno di ideazione avaramadi un pensiero articolato.
La paura del No affligge la politica delle “risposte a breve”, spaventata all’idea di essere superata dalla vernice dinamismo di “quelli del Sì”, afflitta dal complesso divivere e invecchiare in un’eterna retroguardia. E allora lancia la sua proposta di Sì a qualcosa, così, magari, qualcuno la ascolterà nella sua solitudine siderale.
Alle 18 la prima conferenza
Stasera riflettori puntati sulla «città infinita»
CAGLIARI. «Italia, croce edilizia», il ciclo di conferenze organizzato da Italia Nostra, prende il via oggi alle 18 nell’Aula Magna della facoltà di Architettura in via Corte d’Appello 87 (che ospita tutti gli altri ad eccezione di quello di domani, alle 21 al Ghetto degli Ebrei). Il tema è «La fine della città, la città infinita»: partecipano Vezio de Lucia, urbanista, e Sandro Roggio, architetto, modera il regista Enrico Pau.
Domani il tema dell’incontro è “Pazzi senza terra”. Ne parlano Paolo Berdini, urbanista, e Gianni Biondillo, architetto e scrittore, modera lo scrittore Giorgio Todde, che nel pezzo accanto spiega le linee guida dell’iniziativa.
Sabato 11 dicembre, ore 18: «Io ti valorizzo» è il tema che verrà affrontato da Giuseppe Salvaggiulo, giornalista (La Stampa) e scrittore intervistato da Paolo Piras (giornalista Rai); sabato 18 dicembre infine si parla di «New town, old town: il disastro» con Francesco Erbani, giornalista (Repubblica) e scrittore, intervistato da Mauro Lissia (giornalista della Nuova Sardegna).