Troppi vuoti contributivi per i lavoratori atipici: si prospetta un trattamento simile all'assegno sociale
Il presidente dell'Inps ha lanciato l'allarme precariato. Anche i sindacati chiedono una riforma del sistema previdenziale. I lavoratori atipici rischiano di avere un trattamento pensionistico simile all'assegno sociale.
Che le pensioni dei lavoratori parasubordinati siano decisamente da riformare è nell'aria da tanto tempo. Ma mai nessuno, e meno che mai l'Inps, aveva avuto il coraggio di denunciare pubblicamente la situazione. Se i lavoratori atipici non escono dalla precarietà rischiano di avere una pensione di importo simile a quello dell'assegno sociale (che oggi supera di poco i 400 euro al mese) che l'Inps eroga alle persone meno abbienti. Del problema ne ha parlato il presidente dell'Inps Antonio Mastrapasqua, ospite a un convengno dell'Ania e delle Associazioni dei consumatori. Avrebbe spiegato che sul sito dell'Inps non si può calcolare la pensione dei parasubordinati perché: «Se dovessimo dare la simulazione della pensione ai parasubordinati rischieremmo un sommovimento sociale». Ovviamente, la totalità dei sindacati e delle parti sociali si sono espresse sulla necessità di rivedere queste pensioni.
LA SITUAZIONE ATTUALE È fin troppo evidente che, soprattutto per i collaboratori che hanno cominciato a lavorare nel 1996 quando fu istituita la speciale gestione, e che non riescono a trovare un posto fisso, il futuro riserva una pensione decisamente irrisoria. All'inizio della gestione, infatti, ai parasubordinati senza alcuna copertura previdenziale pubblica si applicava una aliquota contributiva del 10-12%, poi aumentata gradatamente fino al 26,72% con decorrenza dal 1° gennaio 2010.
I REDDITI PERCEPITI I redditi di questi lavoratori atipici sono generalmente bassi e discontinui ed è chiaro perciò che con il metodo contributivo, totalmente applicato a coloro che hanno cominciato a lavorare dopo la famosa riforma Dini, sarà difficile, se non impossibile, maturare una pensione superiore all'assegno sociale (che per il 2010 ammonta a 411 euro al mese). Questo fatto è deprecabile ed è assolutamente inconcepibile considerando che i contributi dei parasubordinati versati nel fondo, in attivo di oltre 8 miliardi, vengono utilizzati per pagare le pensioni ai lavoratori che con i soli versamenti propri della categoria non potrebbero garantire interamente la pensione. Il fatto coinvolge quindi i dirigenti d'azienda i lavoratori degli ex fondi speciali telefonici, elettrici, trasporti ed in genere tutti i lavoratori che percepiscono pensioni superiori al trattamento minimo.
IL FUTURO Le prospettive previdenziali migliorano per i parasubordinati che hanno cominciato a lavorare negli ultimi anni (quando l'aliquota contributiva fin dal 2007 è aumentata al 23,5%) anche se la possibilità di raggiungere una pensione dignitosa dipende esclusivamente dal reddito percepito durante gli anni di lavoro e dalla sua continuità. Comunque, l'assegno pensionistico sarà in proporzione sempre inferiore a quello dei lavoratori dipendenti che pagano il 33% di contributi. Secondo l'Inps, in ogni caso, gli elementi che determinano l'importo pensionistico per i co.co.pro. sono decisamente numerosi. Senza contare che, normalmente, la condizione di parasubordinato non dura per l'intero periodo lavorativo e quindi non avrebbe senso calcolare la pensione solo su pochi anni di contribuzione che interessano normalmente la totalità dei parasubordinati. Così, ad esempio, solo un quarto dei giovani tra i 25 e 34 anni occupati nel 2008, con un contratto a tempo determinato o di collaborazione, hanno trovato dopo 12 mesi un lavoro a tempo indeterminato, mentre oltre un quarto è diventato disoccupato.
24/11/2010