Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

«Non serve un gestore ma solo clienti»

Fonte: L'Unione Sarda
4 agosto 2008

Cagliari, la ricetta di Paolo Ritossa per il rilancio del porto canale
Contship ha spostato a Tangeri l'attività che portava avanti a Cagliari. E per rivitalizzare il porto canale non si può prescindere dalla ricerca di un partner commerciale solido a cui imporre però contratti vincolanti. È questa l'opinione di Paolo Ritossa, docente universitario di Trasporti marittimi, ingegnere, progettista di porti e responsabile del Progetto di ricerca di interesse nazionale sui container. Il docente universitario analizza la crisi del porto cagliaritano partendo dal 2000, quando venne siglato il primo Accordo di programma per la gestione dello scalo container cagliaritano. Fu allora infatti che si fecero alcuni errori che oggi hanno in qualche modo determinato la situazione attuale.
GLI ERRORI «La crisi del porto canale deve fare i conti con due peccati originali», spiega Ritossa, «il primo riguarda il fatto che il concessionario non è stato chiamato a investire sulle gru utilizzate in banchina. È chiaro che se Contship investe a Tangeri, costruendo di tasca propria le gru, non andrà via da quel porto fino a quando non avrà ammortizzato quella spesa. E ce ne vuole. A Cagliari, invece, era tutto pronto: non c'era bisogno di metterci una lira». Il secondo problema, nasce invece dal contratto sull'affidamento della gestione: «Il minimo di traffico che il concessionario deve garantire all'Autorità portuale è troppo basso, direi ridicolo per gli standard minimi: si parla di circa 300.000 teu all'anno, quando solitamente non si va sotto il 65% della capacità minima del porto. Nel caso di Cagliari, dunque, la quota doveva essere almeno di 700.000 teu».
Le potenzialità dello scalo di Cagliari, tuttavia, sarebbero molto maggiori. «Si potrebbero realizzare facilmente anche altri 400 metri di banchina, arrivare a oltre 2000 metri di allineamento e garantire così un traffico potenziale anche di 2 milioni di container l'anno», spiega Ritossa, che denuncia anche di aver notato negli ultimi anni un «grande disinteresse intorno allo scalo cagliaritano», sul quale è necessario ripensare le scelte politiche, promuovendo anche una zona franca fiscale e doganale (l'unica già esistente, anche se non funziona) e un collegamento con l'aeroporto di Elmas per le merci che necessitano di tempi brevi. In questo modo potrebbe nascere un polo produttivo e logistico di vasto interesse, ma sarebbero necessarie scelte politiche che coinvolgano l'intera area portuale e messe in atto in tempi brevi.
LA CRISI CHE NON C'È L'attuazione di un nuovo piano di sviluppo del porto canale, inoltre, sarebbe urgente anche perché la situazione internazionale potrebbe avere risvolti favorevoli e la condizione geografica di Cagliari resta comunque vantaggiosa nel Mediterraneo. «Non è vero che il movimento dei container è in crisi», spiega Ritossa, «il traffico cresce e ogni anno si movimentano 450 milioni di container nel mondo». In questo quadro, tutti i porti gestiti da Contship appaiono in crescita, a cominciare da Tangeri (in Marocco), dove la stessa casa madre di Cict (la società dello scalo cagliaritano) e la Maersk (fino allo scorso anno l'unico cliente che operava in Sardegna) gestiscono i terminal nelle banchine del porto africano. «Perché Maersk ha deciso di andare a Tangeri? Perché lì gestisce la banchina per conto proprio e ha un costo del lavoro inferiore. Però Tangeri è sempre lontana dai mercati, così come Cagliari». Lo scalo sardo, dunque, continua ad avere non pochi vantaggi da mettere sul tavolo di una trattativa per il suo rilancio, «a iniziare dalle conoscenze acquisite dai lavoratori, che possono essere utilizzate dai futuri clienti», osserva Ritossa. È fondamentale però, ricorda il docente universitario, trovare non un nuovo gestore del porto canale, ma un cliente solido, anzi solidissimo, una compagnia di navigazione che garantisca un traffico consistente. «Il candidato ideale sarebbe proprio la Cma, compagnia francese che già opera a Malta, e usa anche Tangeri, ma avrebbe interesse ad avere un terminal dedicato», aggiunge Ritossa. Anche se uno scoglio rimane: quello delle quote della società di gestione del porto di Cagliari, attualmente di proprietà di Contship e Maersk. «Credo che le due società abbiano interesse a cedere almeno una parte delle loro azioni di Cict, perché altrimenti la crisi porterebbe verso la revoca della concessione e la gara internazionale, con tempi molto lunghi per la soluzione della crisi».
GIUSEPPE DEIANA

03/08/2008