Alla rassegna cagliaritana il dramma della minoranza boliviana nello spettacolo di César Brie
Le parole e i gesti per raccontare ingiustizia e violenza
ROBERTA SANNA
CAGLIARI. «Albero senza ombra» è il castagno boliviano, unica risorsa per campesinos senza terra. E’ il sentiero di foglie che perimetra, col pubblico ai lati, il rettangolo scenico, diventato mappa di memoria, spazio in cui il teatro visita la terra dei morti e si mette in ascolto. E’ il titolo dello spettacolo in cui César Brie - nei giorni nella rassegna di «Sardegna dei teatri» a Pirri e Serrenti - racconta, con dolore (zoppico per dentro io), della Bolivia. Terra d’adozione dalla quale, dice, “forse mi sto congedando” per le minacce a sé e alla famiglia dopo aver denunciato in un documentario le responsabilità politiche di un attacco di squadristi ai campesinos nel maggio 2008. Per non aver accettato la “prudenza che conduce all’omissione”. Tre mesi dopo, l’11 settembre, un massacro di campesinos durante una rivolta, per la terra. Undici i morti (quanti gli scomparsi?) centinaia i feriti, altri lasciati morire, giustiziati in ospedale. Le loro foto attendono sulle poltrone. “Pensare ad un uomo significa salvarlo”. A quegli uomini e donne, ai morti, ai sopravvissuti, ai loro parenti Brie continua a pensare in scena, offre loro parole e gesti per raccontare gli spari, la fuga nel fiume, inseguiti dai sicari brasiliani nel bosco, le torture. Qualcuno li guardi da vivi e nel momento della morte. Un dono di giustizia, di verità, persino di bellezza. Gli abiti appesi in mezzo alla scena, un sacchetto di farina, un rastrello, qualche foto, trattati con la cura di oggetti cari, si fanno vivi in una danza, aiutano gli assenti a raccontare. Da un secchio stracci fradici diventano corpi degli annegati, finalmente ricomposti. Almeno ora li si veda. Il primo a morire e dire è uno squadrista, perché “qual è la verità se anche le vittime chiamano verità la menzogna?” Due i proiettili in testa al campesinos vivo per miracolo. Un dongiovanni di Cochabamba lascia tre vedove e consigli per sedurre. Arnoldo s’arrabbia perché gli sbagliano il nome, altri due si incontrano mentre vegliano sui loro orfani, la madre dello studente di La Paz ricompone il corpo nero di un figlio “che non è così, che non è morto”.
Parla anche il pastore di anime che tortura i corpi. Tace la stampa nel libro paga governativo. Dice il medico legale: autopsie falsificate, duplicate. Atroce contabilità. Non più. Gli spettatori della Vetreria li penseranno con te, Cèsar Brie.