Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Vittorio Parisi incanta il pubblico col suo Beethoven

Fonte: La Nuova Sardegna
25 ottobre 2010



Il maestro apre la stagione concertistica del Lirico. Prossimo appuntamento il 5 novembre



Trascinante e applaudita la chiusura finale

GABRIELE BALLOI

CAGLIARI. Ha riaperto i battenti venerdì la Stagione concertistico-sinfonica del Lirico, con Vittorio Parisi nella direzione di Beethoven e Mendelssohn, autori che ritroveremo fra l’altro nel successivo appuntamento del 5 novembre.
Parisi è un ospite oramai abituale, chiamato spesso in passato a lavorare soprattutto con la Sinfonietta, la compagine strumentale che coinvolgeva in numero ridotto gli orchestrali del Lirico. Altri tempi quelli. Quando ancora esisteva «Cinque Passi nel Novecento», la rassegna dedicata principalmente alla musica contemporanea e alle prime esecuzioni assolute di brani commissionati ad hoc: tutta una Stagione a parte! Al Comunale, per esempio, diresse «.poudre d’Ophelia!» bellissima ed applaudita pagina di Azio Corghi (suo maestro illo tempore in composizione), di cui portò a battesimo anche «Pia?», nella regia di Valter Malosti alle Settimane Musicali di Siena. Di Parisi era pure l’ottima direzione per «Cadillac Moon», tecnicamente ostico e complesso, il brano per violino e orchestra che l’autore, Carlo Boccadoro, dedicava a Jean-Michel Basquiat e Michael Nyman. Spaziando dunque da Britten a Dvoràk, da Janàcek a Hindemith, il maestro milanese si è sempre rivelato un interprete attento e illuminato, a lui che questa volta sostituisce sul podio Fabio Luisi, è affidata, manco a dirsi, «Die erste Walpurgisnacht» (La prima notte di Valpurga) op.60, una cantata per soli, coro e orchestra di Felix Mendelssohn-Bartholdy su testo di J.W.Goethe. Partitura ben poco frequentata, sorta di oratorio profano, quasi una sinfonia liederistica (il mahleriano «Canto della Terra» ante litteram) in cui il compositore tedesco realizza molte delle sue idee più innovative. Chiave di volta fra stili dissimili, sembra abbracciare virtuosamente il temperamento beethoveniano con un melos a metà strada fra Schubert e Berlioz. A Parisi non sfugge affatto questo carattere spurio, finanche eteroclito, e ne concilia, sapientemente, una certa grazia d’accenti col pathos del linguaggio che va spogliandosi pian piano di vecchi canoni espressivi. Il respiro orchestrale è pieno, profondo, sempre fluente, il timbro si mantiene morbido anche nei “fortissimo”, ed il fraseggio non indulge mai ad affettazioni. Buon amalgama hanno le voci della massa corale, istruita da Fulvio Fogliazza; discreti sono i solisti Gabriele May (contralto), Maxim Paster (tenore), Markus Werba (baritono) e Vittorio Prato (basso).
In programma poi la «Quinta Sinfonia» di Ludwig van Beethoven. Trasparenza, nitore, contegno sembrano caratterizzare la lettura di Parisi: sonorità talvolta perfino diafane, paiono “ispessirsi” tuttavia sull’ultimo movimento, attraversato da un notevole climax che troverà il suo sfogo in una trascinante chiusa finale.