Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

La verità è morte e la Bolivia di Brie un sogno negato

Fonte: L'Unione Sarda
25 ottobre 2010

Teatro “Albero senza ombra”

Bolivia, 2008. Questo è un altro 11 settembre, una strage nata dalla contrapposizione degli agricoltori ai latifondisti, durante i tentativi del presidente Morales di redistribuire la terra. Undici i morti accertati a fine giornata a Porvenir, nella regione del Pando, da sommarsi a centinaia di feriti da armi da fuoco e a decine di persone scomparse alle quali nessuno ha restituito sinora nomi e storie. A indagare tra testimonianze non cristalline, autopsie errate, referti medici falsamente compilati è l'attore e drammaturgo argentino César Brie. Prima con un documentario costato all'artista intimidazioni e minacce di morte. Poi con Albero senza ombra , spettacolo con cui, dopo vent'anni, torna in Sardegna come secondo appuntamento della rassegna di prosa della Vetreria di Pirri ideata dai Cada Die.
Una necessità per Brie di farsi memoria quando le voci sono state zittite e non possono raccontarsi da sole perché anche la stampa è sul libro paga del governatore.
Un solo attore sul palco e intorno il pubblico, molto vicino, come un teatro donato alla collettività. Notevole la concezione dello spazio scenico perimetrato da un recinto di fogliame, metafora di una giungla di vita e lavoro. Gli oggetti in scena disposti per tracciare il percorso di una narrazione esplicata in alternanza tra la voce del narratore e quella dei personaggi maschili e femminili. Spara la pistola in scena. Ma a esplodere nelle orecchie sono i vestiti bagnati, estratti dal secchio e sbattuti a terra come carne che non sfugge al fiume e alla morte. Ancora, cenci simbolo dei corpi martoriati di cui restano solo foto in bianco e nero da seminare tra la farina di mais, nello strazio inconsolabile di una madre e del suo dolore.
Una vocazione sociale in César Brie. La sua è una caccia alla verità in cui incontra squadristi assassini, preti crudeli, medici rei di falso ideologico, il governo, e denuncia sempre le menzogne, comprese quelle di contadini che si sono macchiati del sangue.
Raccontare l'invisibile dell'eccidio è lo scopo prefissato. Lo raggiunge, vivendo nel contempo un fare poetico nell'onirico dei protagonisti attraverso l'allegoria visiva di oggetti poveri in scena, secondo un'idea di teatro come agorà di etica ed estetica. Proprio questa riflessione estetica, riproducibile in ogni luogo al chiuso o all'aperto, conduce a una riflessione etica di svelamento. Scelta imprescindibile per l'artista intellettuale che ai suoi spettatori affida materia del pensiero e nega sogni tranquilli.
MANUELA VACCA

25/10/2010