Continua la protesta al Lirico, mentre Soudant sostituisce Biscardi
GABRIELE BALLOI
CAGLIARI. C’era una volta la “prima”. Ma non è una favola. Certamente non lo è per i lavoratori del Lirico che venerdì, manifestando contro l’attuale dirigenza, hanno fatto saltare al Comunale il debutto de «La Cenerentola». Il dramma giocoso in due atti di Gioachino Rossini ha dovuto attendere, per esordire, la prevista replica di domenica pomeriggio.
Insomma, siamo alle prese con le solite difficoltà, gestionali ed economiche, che hanno portato a rinunciare alla messinscena registica di Daniele Abbado, e successivamente indotto i dipendenti al summenzionato sciopero. A questo poi si aggiunga Massimo Biscardi che si dimette da direttore artistico, e Hubert Soudant - la grande bacchetta direttoriale di questa «Cenerentola» - che andrà a sostituirlo, accettando così la proposta del sovrintendente Maurizio Pietrantonio.
Fra novità e problematiche recidive prosegue dunque la Stagione operistica, seppure con un’esecuzione in forma di concerto.
«C’era una volta un re» canta Cenerentola, riassumendo in pochi versi una storia che è anche la sua. Un compendio a metà strada fra lo spoiler e la metanarrazione, qualcosa che ci guasterebbe il finale, se non fosse che a tutti è ben noto il destino della serva-principessa. Tuttavia, Rossini e il librettista Jacopo Ferretti, confezionano qualcosa che si discosta non poco dalla versione più popolare, per intenderci, quella alla Perrault/fratelli Grimm/Walt Disney.
La «Cenerentola» rossiniana è infatti priva dell’elemento fantastico, mentre è sottolineato - sebbene con sottile autoironia - l’aspetto più educativo e moralistico: in questo modo si compie inavvertitamente un passaggio dal genere della fiaba a quello della favola. Un capolavoro composto, strano a dirsi, sotto il segno della fretta. Avendo delle incombenti scadenze contrattuali, Rossini si fece aiutare da un giovane collega, Luca Agolini, ricorrendo per di più alla cosiddetta tecnica dell’”autoimprestito”, ovvero riciclando alcune parti d’altre sue opere (ad esempio il Barbiere di Siviglia).
Che l’arte dell’arrangiarsi possa dare così buoni frutti lo dimostra perfino la stessa esibizione degli interpreti, i quali, benché privi di un apparato scenico, non si sono certo limitati a cantare, ma hanno recitato in uno spazio ricavato fra le fila del coro e la compagine strumentale, posta per l’occasione poco più in basso e più avanti rispetto al livello del palcoscenico. I personaggi potevano quindi muoversi, entrare o uscir di “scena”, rispettando l’azione drammatica come sarebbe stata avendo a disposizione un allestimento teatrale.
Un’ottima soluzione per un risultato più che buono, con un cast distintosi difatti per doti sia canore che attoriali. Una Cenerentola candida e vezzosa, nella vocalità leggermente brunita, piena ed espressiva di José Maria Lo Monaco, a cui fa da contraltare nobilissimo e garbato il Don Ramiro di John Zuckerman; carismatici e pittoreschi Don Magnifico e Dandini, interpretati da Antonio De Gobbi e Simone Alberghini, così come piacevolissime sono le due sorellastre impersonate da Eleonora Cilli e Alessandra Volpe; voce turgida e accesa quella di Nicola Ulivieri (Alidoro), e pregevolissimo il coro preparato da Fulvio Fogliazza.