Gli esercenti della Fipe lanciano l'allarme. Fertino (Anseb) frena: è tutto regolare
L'accusa dei negozianti: commissioni alle stelle e tempi biblici
Buoni pasto non più spendibili alle casse del supermercato per alleggerire l'esborso della spesa settimanale delle famiglie? Un allarme che riguarderebbe una platea di 2,6 milioni di lavoratori italiani, oltre a migliaia di aziende, minacciati dall'oggi al domani nella possibilità di rendere spendibili il ticket sostitutivo della mensa anche al supermarket, oltre che nei bar, ristoranti, tavole calde.
LE COMMISSIONI Una maxispesa di 11 milioni di euro al giorno in oltre 100.000 esercizi per molti dei quali (circa il 59% dei bar accetta buoni pasto) il business dei ticket restaurant arriva a coprire fino alla metà del giro di affari. Una comoda opportunità per i lavoratori che rischia di vanificarsi, secondo la Fipe, «a causa di commissioni alle stelle e rimborsi in tempi biblici» «Se anche alcune catene della grande distribuzione cominciano a rifiutare i buoni pasto vuol dire che la situazione è arrivata davvero al culmine», afferma Lino Stoppani, presidente Fipe, secondo il quale la protesta di molti esercenti che non ritirano i buoni pasto si starebbe ora allargando alla grande distribuzione.
LA REPLICA «Notizie prive di fondamento», replica Sandro Fertino, presidente Anseb, le società emettitrici, «non ci risultano situazioni di rifiuto, il mercato sta funzionando normalmente. Le informazioni riportate si riferiscono a situazioni pregresse nella grande distribuzione, in molti casi derivanti da scelte delle società emettitrici». «Il malcontento c'è da parecchio», spiega Tullio Galli, direttore generale della Fiepet Confesercenti, «ma non ho notizie di nuove proteste. Piuttosto i ribassi praticati dalle società emettitrici nella mega-gara Consip si possono ripercuotere sui consumatori». Le proteste riguardano percentuali di commissione che possono andare dal 6-7% al 10-12%, così che per un buono pasto da 6 euro, il negoziante se ne vede rimborsare 5, o addirittura 4,5 euro che arrivano oltretutto non prima di 60, 90 giorni. Così la cassiera dello snack bar o quella dell'alimentari sotto casa storce il naso, soprattutto se la scadenza è imminente. Certo, spiega la Fipe, «è un meccanismo pericoloso, i buoni pasto diventano dei titoli di credito al portatore, dei bond irregolari che nessuno vuol cambiare, equiparabili a carta moneta che però sfugge al controllo della Banca d'Italia». Obbligazioni che passano di mano in mano fino a ridosso della scadenza, allora si vendono su e-Bay.
LA GDO Chiamati in causa, i big della grande distribuzione rispondono così: «In tutte le nostre casse tutti i tipi di buoni pasto non vengono accettati dal 2005», afferma Mc'Donalds. Lo stesso negli ipermercati Auchan, dove quel tipo di pagamento «non è mai stato accettato». Nel caso dei supermercati Coop funziona a macchia di leopardo: ogni coop, le 9 maxi e le 140 piccole, si regola in modo autonomo, in alcune i buoni pasto vengono ritirati, in altre no, ma si tratta di regole già in vigore da tempo.
12/10/2010