Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Incognito: il ritmo dell'energia positiva

Fonte: L'Unione Sarda
29 luglio 2008

Milleduecento alla Fiera di Cagliari per gli alfieri londinesi dell'acid jazz
Eleganti, divertenti, praticamente perfetti. Due ore di ritmo, un insieme di funky, soul e jazz con spruzzi di samba e salsa, alla fiera di Cagliari. Sul palco dieci musicisti eccellenti , quasi una squadra di calcio, e sotto in 1.200 ad applaudire, ballare, cantare. Perché con gli Incognito è impossibile star fermi: per la band londinese, da più di trent'anni, la musica è partecipazione, condivisione di emozioni, «voglia di scambiarsi energie positive», come dice al microfono un ispirato “Bluey”, al secolo Jean Paul Maunick, il chitarrista che ha fondato il gruppo nel 1979. Il primo disco uscì due anni dopo, per il secondo ce ne vollero altri dieci: era l'alba dei Novanta e i tempi erano maturi per quello che fu chiamato acid jazz e che riportò nelle discoteche la musica suonata, non costruita al computer. La moda è passata ma gli Incognito non si sono più fermati: dischi su dischi, e soprattutto concerti. Perché la dimensione ideale, per chi fa musica con questo spirito, è suonare dal vivo, fare festa, ballare insieme.
Si parte con i brani più morbidi e melodici. Basso e batteria scandiscono il ritmo: non si fermeranno fino a fine serata; sax, tromba e trombone si alternano in assoli che vengono puntualmente applauditi da un pubblico generoso e ben disposto, ma in primo piano ci sono le splendide voci della band: una maschile, quella calda e vellutata di Tony Momrelle, che viene dall'isola di Saint Lucia, nelle Antille, e due femminile, quelle delle giamaicane Joy Rose e Melonie Crossale, la prima più delicata l'altra più energica, acclamate fin dai primi acuti. I tre non si limitano a cantare: danno vita a coreografie, invitano il pubblico a seguire il ritmo battendo le mani, gli fanno intonare i ritornelli.
“Bluey” sta in seconda fila, dietro la sua chitarra elettrica che abbandona ogni tanto per il sintetizzatore o qualche percussione. Racconta al microfono che l'ispirazione per “When the sun comes down” gli è venuta in aereo, guardando un tramonto dall'oblò: la canzone è tratta da Tales from the beach , il nuovo album, quello da cui viene la maggior parte dei brani in scaletta.
Con lo strumentale “Colibrì” la componente jazzistica acquista rilievo. L'introduzione è un gioco di prestigio del tastierista Mat Cooper su un suono sintetico filtrato dal wha wha, poi la scena è tutta per il sax e il flauto del più giovane del gruppo, l'inglese Paul Greenwood, la tromba dello scozzese Sid Gauld e il trombone di Trevor Mires, inglese.
Poi è subito “Still a friend of mine”, del '93, uno dei grandi successi del gruppo: dura dieci minuti, perché quando sembra finita “Bluey” si fa avanti, prende il microfono, ordina al batterista Darren Abraham, originario di Trinidad-Tobago (e protagonista di un raffinatissimo assolo), di imbracciare il basso, al bassista Francis Hylton di accomodarsi alle tastiere, al posto di Mat Cooper che passa invece ai tamburi. Il pubblico viene diviso in due settori a ciascuno dei quali viene affidato un coro, e si canta tutti insieme.
È l'apice del concerto: arriva un'altra hit, “Talking loud”, tiratissima, ancora un brano nuovo, poi uno scritto ventinove anni fa. «È passato tanto tempo», racconta il leader: «Della band originaria sono rimasto solo io. Tanti altri hanno suonato con noi, perché questo è un gruppo aperto: crediamo nell'evoluzione, che è vita». Un altro paio di titoli e arriva il momento di “Don't you worry 'bout a thing”, in assoluto il brano più fortunato degli Incognito. È una cover di Stevie Wonder, nume tutelare di tanti protagonisti dell'ondata acid jazz (Jamiroquai in testa). Il pubblico la accoglie con un boato, così come poco più tardi farà per l'omaggio a Michael Jackson, “Don't stop till you get enough”.
Finisce con i magnifici dieci abbracciati a inchinarsi davanti al pubblico sardo, mentre dalle casse vibrano le note di “One love” di Bob Marley: «È stato bello suonare di nuovo qui», saluta “Bluey”, «sotto questo cielo, vicino alla vostra spiaggia. Peace ».
MARCO NOCE

29/07/2008