Il comitato chiede che venga definito l'ambito ottimale per l'Isola
Come affrontare un problema urgente: la riforma dell'acqua. L'Unione Sarda lo ha chiesto ad Autorità d'ambito, Comuni, Comitato referendario, Abbanoa e Adiconsum.
Le tariffe dell'acqua sono giuste? La privatizzazione farebbe abbassare i costi? E ancora, la gestione sarebbe migliore se ci fossero più ambiti, invece di uno solo per tutta l'Isola? Per fare chiarezza sulla questione, soprattutto dopo la costituzione di un comitato promotore di un referendum consultivo che mira a cambiare il sistema regionale, amministratori di Abbanoa, sindaci e consumatori si sono confrontati in occasione di un forum organizzato da L'Unione Sarda.
Perché il referendum, qual è l'obiettivo?
Roberto Deriu (presidente della Provincia di Nuoro e del comitato promotore del referendum) : «Oggi abbiamo un unico ambito regionale per il sistema idrico integrato della Sardegna ma è necessario capire qual è l'ambito ottimale per la gestione dell'acqua. Le scelte amministrative devono cioè essere esercitate il più possibile vicino al cittadino in base al principio di decentramento e di adeguatezza. Da questo ne consegue la valutazione dell'efficienza del servizio, la sua economicità. Chiediamo quindi che venga fatto un ragionamento scientifico, e non ideologico, per capire quale sia il numero di ambiti territoriali ottimale. I nostri studi dicono che non può essere regionale e unico. Non vogliamo criticare l'ente di gestione, nemmeno i vecchi amministratori: è il sistema che non può essere efficiente ed economico. È un problema strutturale».
E per i consumatori?
Giorgio Vargiu (Adiconsum) : «C'è un diffuso malcontento, e giusto, nell'utenza nei confronti di Abbanoa e da qui parte l'iniziativa referendaria. Come tutte le riforme (in questo caso si tratta di una controriforma) dovrebbe migliorare la vita dei cittadini come la diminuzione delle tariffe e il miglioramento del servizio. Ma non mi pare che il referendum garantisca questi obiettivi: non c'è equazione diretta, non c'è un automatismo affinché si risolvano questi problemi».
Quindi non è utile?
Vargiu : «Di sicuro c'è un fatto inconfutabile: con l'aumento del numero degli ambiti territoriali, come prevede il referendum, aumenteranno i costi. Non è scritto da nessuna parte che un'Autorità d'ambito (Ato) ottimale più piccola sia più efficiente e più economica. Si avrà un effetto moltiplicatore: se ci saranno ad esempio otto Ato ci saranno anche otto Abbanoa e altrettanti presidenti».
Ma in Sardegna non si è già tenuto un referendum sul tema?
Deriu : «Sì ma era stato soltanto abrogativo e i sardi non andarono a votare. Questa volta sarà consultivo e noi parleremo della questione e informeremo».
Dal punto di vista di Abbanoa, cosa cambierebbe?
Alessandro Murtas (direttore generale di Abbanoa) : «Ben venga il dibattito che porta anche a una piena conoscenza del sistema industriale che gestisce l'acqua. Non dimentichiamo che Abbanoa possiede in pratica 400 fabbriche: 360 depuratori 49 potabilizzatori e 13 mila chilometri di rete. È l'azienda più infrastrutturata della Sardegna, è quella che ha più asset industriali da mantenere e da sviluppare. Questo è importante perché la definizione di un ambito territoriale può essere svolta anche facendo un ragionamento industriale».
Resta il fatto, come dice Deriu, che ora la gestione dell'acqua nell'Isola è ancora in perdita?
Pietro Cadau (presidente di Abbanoa) : «Nel 2005 il disavanzo pubblico sull'intero servizio idrico integrato in Sardegna era stimato in oltre 70 milioni di euro. Il bilancio consuntivo 2009 di Abbanoa dice che abbiamo ridotto le perdite a 11 milioni».
Qual è l'ambito territoriale ottimale, allora?
Francesco Lippi (commissario straordinario dell'Ato) : «La scelta dell'ambito unico venne fatta a suo tempo. Oggi, credo, sia ragionevole riflettere sul problema anche alla luce dei risultati conseguiti in questi anni. Non dimentichiamo, però, che il sistema idrico integrato ha ereditato una serie di disfunzioni dai Comuni che prima della riforma gestivano direttamente il servizio. La scelta può essere messa in discussione anche attraverso un dibattito o un referendum, a patto che si calcolino le eventuali ricadute: perché consideriamo che si bloccherebbe una macchina ormai in funzione, e a regime, da 5 anni. Attenti alle strumentalizzazioni: dire che la Regione oggi attraverso un disegno di legge voglia appropriarsi del sistema idrico integrato mi sembra una banalità».
Quanti saranno gli Ato dopo il referendum?
Deriu : «Non possiamo saperlo a priori. È necessario uno studio scientifico per capire qual è la giusta misura. L'ambito ottimale è da rapportare al numero degli abitanti, alla densità, al territorio, alla superficie. Poi ci sono le considerazioni di carattere congiunturale».
È difficile gestire un ambito unico in tutta l'Isola, che vuol dire tariffa unica ma anche tanti problemi?
Pietro Cadau : «È difficile. È anche possibile avere ambiti diversi, ma non so se sia possibile economicamente. Abbanoa è divisa in otto distretti (corrispondenti alle Province) ma solo due di questi si potrebbero reggere da soli, se ci fossero altrettanti ambiti autonomi. Alcuni territori, come l'Ogliastra, il Medio Campidano e il Sulcis, sono talmente vasti che la gestione ha costi enormi. Bisognerebbe avere tariffe molto elevate, insostenibili per l'utenza per mantenere in equilibrio il sistema. A meno che non si voglia tornare al passato finanziando il sistema idrico dei singoli Comuni non solo con la tariffa ma anche con la fiscalità generale. Prima infatti il sistema non reggeva: i Comuni non riscuotevano le tariffe e quelli che lo facevano arrivano al 50-60% dei costi».
L'ambito unico è stato deciso nel ‘98, perché si sente solo ora l'esigenza di un cambiamento?
Deriu : «Con la serrata dell'Ato e il commissariamento gli enti locali hanno preso consapevolezza che il governo della materia sarebbe passato a un livello più alto. C'è stata una presa di coscienza. Ma la riflessione non è solo politica per la distribuzione dei poteri, c'è anche una questione di merito: contestiamo l'ambito unico perché sul breve e lungo periodo non ci sono gestioni economicamente vantaggiose ed efficienti con un numero di abitanti superiore al milione. Sono studi comparativi fatti a livello nazionale dove, per lo più, non esistono ambiti regionali. Il nostro è unico nel suo genere: un ambito superiore a un milione di abitanti con una densità bassissima pari a 68 persone per chilometro quadrato. Nelle altre grandi regioni, dove con più ambiti si è raggiunto l'equilibrio economico, non ci sono state né discriminazioni tra le zone, né tracollo economico».
I problemi nascono dal fatto che gli enti locali non contano abbastanza all'interno dell'Ato?
Alessandro Marongiu (sindaco di Serramanna) : «Diciamo che l'Ato è stato formato oltre 10 anni fa in totale difformità agli indirizzi dati dai Consigli comunali. Il 90% degli enti locali non erano a favore dell'ambito unico perché ipotizzavano difficoltà nel creare un sistema di gestione che tenesse conto delle diversità tra territori. Furono proposti 3-4 ambiti (quante erano le Province). Nella fretta che ci fu nell'approvare la legge, in ritardo rispetto alle altre regioni, e per non perdere i fondi europei, non si seguirono le indicazioni contenute nella legge nazionale: salvaguardare le gestioni esistenti e monitorare una situazione di partenza molto diversa a seconda dei territori».
Vi sentite rappresentati nell'Ato?
Marongiu : «Ci sentiamo tutelati ma a distanza di 12 anni è necessario fermarsi e apportare una modifica per vedere i punti di debolezza del sistema. I Comuni hanno tantissime situazione diverse».
Qual è la priorità ora: dettare le regole generali o intervenire sulla gestione per abbattere i costi e quindi le tariffe?
Emilio Floris (sindaco di Cagliari) : «Quello che ci sfugge è che il cittadino è poco interessato al fatto che la gestione sia pubblica o privata, che competa allo Stato o alla Provincia. Il cittadino vuole un servizio efficiente e adeguato alle proprie esigenze. Un sistema che funzioni dalla raccolta alla distribuzione e che sia garantito dal punto di vista economico. Se parliamo di questo dobbiamo andare anche al di là dell'applicazione della legge nazionale (Galli) e trovare il migliore sistema per la Sardegna. Se poi attraverso l'efficienza del sistema, si dovessero individuare ambiti migliori e più ristretti, bene! Penso però che anche l'ambito territoriale unico possa essere diviso in distretti come ha fatto Abbanoa e sono certo che un grande passo avanti lo avremmo fatto se avessimo rimosso tutti quegli ostacoli che hanno impedito l'efficienza, come utenze che non pagavano o le diseconomie nella perdita delle reti. Se si dovessero risolvere questi problemi anche Abbanoa può produrre risultati davvero utili. È chiaro che con una tariffa politica non si poteva arrivare all'efficientamento delle reti».
Insomma, dobbiamo pagare di più l'acqua?
Floris : «È chiaro che per portare in equilibrio un sistema vecchio non possiamo far pagare 2 o 3 euro ma servirebbe una tariffa di 8 euro al metro cubo per poi farla regredire man mano che il sistema si equilibra. La legge Galli prevede infatti un'autonomia del sistema economico per la gestione complessiva. Questo equilibrio si può ottenere solo in stato di efficienza totale. Il dibattito deve essere concentrato nel capire come e chi possa portare in equilibrio Abbanoa in modo da avere una società più competitiva».
26/09/2010