DOMENICA, 19 SETTEMBRE 2010
Pagina 2 - Cagliari
ALDO LOTTA
Riceviamo e volentieri pubblichiamo.
Una mattina, mentre facevo colazione al bar, una signora riprese la figlia, che faceva i soliti capricci, con la frase: «Guarda che ti faccio prendere dalla zingara». In effetti la «zingara», in quel caso, era una donna romena sfuggita alla miseria della propria terra: persona mite e sorridente che, mentre il marito cercava dei piccoli lavori giornalieri, chiedeva l’elemosina alla porta del bar.
In quell’occasione immaginai che, forse, quella bambina condivideva molto tempo a scuola, e magari anche il banco, con dei compagni Rom. E immaginai quante cose, come capita, quella bambina avrebbe potuto insegnare ai propri genitori: purtroppo, troppo spesso gli adulti pensano di sapere ormai tutto della vita e di non avere più niente da imparare, soprattutto dai propri figli. Ma quando l’adulto arriva a ricoprire un ruolo di amministratore pubblico, nello specifico assessore alle politiche sociali di una città come Cagliari, le cose si complicano terribilmente: specialmente se nel corso di un dibattito pubblico sul tema della multiculturalità arriva a dire, riguardo la situazione scandalosa del «campo sosta» della nostra città, che tanto i Rom non ne vogliono sapere di vivere diversamente, per cui non c’è niente da fare: ne è dimostrazione il fatto che i Rom puzzano perché non si vogliono lavare. Forse, se ci fosse stata quella bambina, avrebbe potuto dirgli che i suoi compagni Rom in realtà sono puliti come gli altri e, forse, avrebbe anche aggiunto che basta aiutarli a condividere le situazioni di vita sociale normale della comunità in cui vivono e in cui ormai sono nati. Questo nostro assessore, che, al contrario di altri colleghi, non può essere considerato né un intollerante né tanto meno razzista, e che avverte il senso e la responsabilità del proprio ruolo, mi ha fatto pensare a quegli insegnanti che, frustrati dalle difficoltà quotidiane, decidono che, non considerando le singole particolarità dei bambini e le loro diverse esigenze, una parte degli alunni «non ne vuole proprio sapere di imparare» e quindi «non c’è niente da fare».