Il locale di piazza Yenne da rifugio durante i bombardamenti a tempio della movida cagliaritana ante litteram
Erano i tempi in cui non si diceva flirtare ma fastiggiai , i tempi in cui si mangiava in sa piola (chi poteva), non nel sushi bar. Erano i tempi nei quali anche i locali dove si ballava (diventeranno discoteche soltanto negli anni a venire) potevano chiamarsi semplicemente “Grotta Marcello”. Perché quel ritrovo in piazza Yenne era stata creato dal commerciante continentale Pietro Marcello. E perché era davvero una grotta, un luogo nel quale gli stampacini andavano a rifugiarsi durante i bombardamenti americani del 1943. Certo, quando i cagliaritani cercavano riparo dalla morte che veniva dal cielo, nessuno avrebbe mai pensato che quel posto sarebbe diventato, dopo una decina d'anni (incerta la data di creazione: qualcuno la colloca nel 1954 ma alcune foto testimoniano serate già l'anno prima), uno dei templi della vita mondana cittadina. Anzi, il tempio per eccellenza.
Gianni Filippini, profondo conoscitore della realtà cagliaritana, lo ricorda quasi con commozione. «Per un'intera generazione», racconta, «quella che aveva i calzoncini corti durante la guerra, rappresenta un ricordo incancellabile, al pari dello struscio in via Roma e della terrazza del Bastione». Nell'immediato dopoguerra c'era voglia di tornare alla vita, di divertirsi, di cancellare i tremendi ricordi di quegli anni sotto le bombe. «Era una sorta di laboratorio socio-culturale».
Durante la settimana, il locale era frequentato da tutti. La domenica, invece, diventava il regno esclusivo di coloro che, usando termini moderni, potrebbero essere definiti “fighetti”. «Era la serata di una certa società cagliaritana: l'ingresso era tutt'altro che automatico. Bisognava vestirsi in un certo modo per riuscire a entrare». In quel giorno, gli altri, magari gli studentelli universitari, andavano a cercare le donne di servizio (dall'inconfondibile odore di sapone di Marsiglia e profumo dozzinale, raccontano i testimoni di allora), quelle, secondo la vulgata del tempo, più propense alle avventure, cercavano ospitalità in altri locali.
Ma, negli altri giorni della settimana, erano lì, in piazza Yenne. «Il cuore pulsante degli oreris », puntualizza Filippini. E tra i fancazzisti non c'erano solo is casteddaius . «In quegli anni», racconta il fotoreporter Domenico Manca che, alla Grotta Marcello, suonava la batteria, «c'erano ancora molti americani. Anche loro trascorrevano lì il loro tempo libero». Ne valeva la pena. «Perché musicisti come Giovanni Fadda, Sergio Tolla, Virgilio Mantiglia, Pino Girau, Mario Zaccheddu proponevano i suoni che andavano in quegli anni, jazz e swing compreso. Anche se i frequentatori più anziani richiedevano spesso valzer e mazurke. Le serate duravano sino alle due, alle tre del mattino. Ed era sempre pieno». Niente di nuovo sotto la luna. Anche se, a dire il vero, Pietro Marcello aveva pensato a un altro business: lui, mastro pasticciere, era particolarmente bravo nella creazione dei gelati. Non a caso, per darsi appuntamento in piazza Yenne, si diceva: “Andiamo a mangiare un gelato da Marcello”.
E “il gelato da Marcello” ha avuto vita lunga. I giovani degli anni '50 e '60 hanno lasciato il posto a quelli degli anni '70. Che hanno adottato la Grotta con lo stesso entusiasmo. «È stato», racconta il dirigente comunale Francesco Cicero, «uno dei primi locali che ho conosciuto quando mi sono trasferito a Cagliari». Abitava all'inizio del Corso e quel locale faceva al caso suo. «Non a caso, per fare colpo, ci ho portato quella sarebbe diventata mia moglie». Cioè, l'altra dirigente comunale Ada Lai. «Peccato che io quel posto lo conoscessi perfettamente anche perché mio padre era stampacino doc». Un bel rischio portare una ragazza in piazza Yenne. E non solo perché era il punto di ritrovo degli oreris . «Da studente universitario squattrinato», interviene l'avvocato Patrizio Rovelli, «non potevo permettermi di andare in quel posto. Ci sono entrato una sola volta e l'ho trovato lugubre». Un'impressione negativa nella quale, forse, i ricordi si accavallano. «Quando penso a piazza Yenne del passato, mi viene in mente solo quella volta nella quale abbiamo fatto un sopralluogo con la Corte d'assise durante un processo per duplice omicidio».
Una piazza lontanpuntualizza il consigliere comunale Alessio Mereu, «la Grotta Marcello rappresentava una sorta di oasi, frequentata da gente tranquilla. Io ci andavo volentieri anche perché, in quegli anni, lavoravo all'ospedale militare. Ed ero ancora scapolo», chiarisce per non allarmare la moglie.
Un punto di ritrovo irrinunciabile. Che ha vissuto sino agli anni '80.
«Negli ultimi tempi», afferma il fotografo Mario Lastretti, «ricordo una splendida sfilata di moda organizzata da Luciano Bonino». La Grotta metteva d'accordo tutti. «Quelli che andavano al Marabotto e quelli che, lasciato il Caffè Torino, si erano trasferiti al Genovese. Per tutti la serata si concludeva in piazza Yenne». Poi, una lunga agonia, alcune aperture negli anni '90. Sino alla morte e alla rinascita attuale.
MARCELLO COCCO
25/08/2010