Un ponderoso studio di Raimondo Pinna getta nuova luce sulla storia e la localizzazione dell'antica capitale del giudicato di Cagliari che sinora era stata collocata in riva allo stagno di Santa Gilla. In realtà sarebbe sorta attorno alla cattedrale di Santa Cecilia che, secondo documenti del XIV secolo, si trovava nei pressi della città romana e bizantina. Quindi ben più vicina all'attuale rione di Castello. Nel libro emerge l'importante figura del giudice Guglielmo
Un libro su Santa Igia la mitica capitale del giudicato di Cagliari, distrutta dai pisani nel 1258, lo si aspettava dal 1986, anno in cui venne pubblicato un importante volume miscellaneo a cura di Barbara Fois. Un volume che, proprio per la sua natura risultava un'opera non omogenea, con contributi di differente spessore scientifico e con posizioni variegate. Quel che mancava allora e che è continuato a mancare negli anni successivi è stata l'opera di sintesi, un lavoro omogeneo e unitario che andasse a fondo, ad esempio, nell'esame del contesto internazionale in cui collocare la vita della capitale del giudicato cagliaritano. Ora questa lacuna è colmata con l'uscita del ponderoso lavoro di Raimondo Pinna, architetto e membro del Centro Studi per la Storia della Città, fondato dal compianto professor Enrico Guidoni.
I principali obiettivi che il libro " Santa Igia, la città del giudice Guglielmo" (Edizioni Condaghes) propone sono i seguenti: Innanzitutto correggere l'anacronistica visione di Cagliari e della sua struttura urbana concepita a livello di immaginario come se nell'XI secolo avesse avuto le caratteristiche della città attuale. Quindi, riscrivere la biografia di un uomo, il giudice Guglielmo, attraverso le sue opere. E qui la rilettura di Raimondo Pinna è davvero innovativa; essa smentisce la vecchia immagine creata da Enrico Besta che vedeva Guglielmo come una marionetta del comune di Pisa, usata come testa di ponte per la conquista politica dell'isola. Il giudice, al contrario, seppe impostare una politica personale e di ampio respiro durante gli anni del vuoto di potere imperiale, che portò alla costruzione di un nuovo Stato giudicale e alla creazione di una città espressione del suo potere.
Si tratta di due obiettivi ambiziosi, raggiungibili da un punto di partenza nuovo rispetto al passato. Le premesse partono da un'osservazione della situazione politica internazionale tra la fine del XII secolo e l'inizio del XIII, quando la morte di Federico I Barbarossa e di suo figlio, Enrico VI, portò a profondi mutamenti negli equilibri fra potere imperiale e potere papale e, di riflesso, nell'Italia comunale. In tale contesto fluido e incerto si muove Guglielmo, discendente della famiglia degli Obertenghi da parte di padre e della casata Lacon-Gunale dei giudici di Cagliari da parte di madre, il quale riuscirà a diventare giudice di Cagliari, giudice di Arborea, marchese di Massa e referente sardo di papa Innocenzo III. Insomma, un protagonista della politica mediterranea tra i secoli XII e XIII. A lui va riconosciuto di aver compiuto lo sforzo di progettare e condurre un'azione politica tesa ad intervenire dalla Sardegna sugli avvenimenti internazionali in corso, proprio per contrastare la loro sempre più evidente influenza sull'isola.
SANTA IGIA Se il progetto di Guglielmo di espandere il suo potere in Sardegna e di mantenere quello in Toscana, per sé e per la sua dinastia, fallirà per la sconfitta militare subita nel 1213 presso il fiume Frigido a Massa, tuttavia si può ben dire che per più di vent'anni il giudice e marchese fu uno dei protagonisti assoluti della politica nell'alto Tirreno. E i successi politici e militari gli permisero di impiantare nel territorio cagliaritano, vera e propria area di frontiera nel cuore del Mediterraneo, la fondazione di una nuova capitale, che prenderà il nome di Santa Cecilia - Santa Igia. Anche in questo caso, una volta entrato in crisi il progetto politico di Guglielmo e dei suoi eredi, si imporrà nel territorio cagliaritano un altro radicale modello di sviluppo politico e urbano, la fondazione ex novo di Castel di Castro, il cui progetto ha una qualità di rilievo europeo e materializza la politica di potenza del comune di Pisa.
CASTEL DI CASTRO Il dato saliente che Raimondo Pinna mette in rilievo è che le due azioni urbanistiche devono essere studiate insieme, perché rappresentano gli esiti urbanistici di una storia politica le cui radici sono equamente distribuite in Sardegna e nelle regioni che si affacciano sull'alto Tirreno. Quello cagliaritano della fine del XII secolo è uno spazio territoriale di difficile immaginazione, non tanto perché non esiste più, quanto perché è stato qualcosa di radicalmente diverso da quello che oggi si conosce come centro storico di Cagliari e in cui la città si riconosce da ottocento anni: l'insieme dei quattro quartieri di Castello, Stampace, Villanova, Marina, formatasi successivamente alla fondazione, nel 1216, di Castel di Castro.
Pinna dimostra che l'annoso dibattito sulla continuità o meno della permanenza nel sito della città di Cagliari si dimostra un falso problema, perché è impostata sulla forma urbis derivata dalla riorganizzazione territoriale operata dal Comune di Pisa e confermata dalla Corona d'Aragona. Per questo motivo non possiamo riporre fiducia, oggi, nella carta redatta all'inizio del Novecento da Dionigi Scano, la Forma Karalis, che ha costituito e continua a costituire la base per gli studi cartografici sul territorio cagliaritano. Tale carta rappresenta, infatti, la realtà dei tempi di Scano, così come lo studioso la vedeva coi suoi occhi e non la realtà del XII secolo: ad esempio, l'indicazione delle emergenze idrografiche e orografiche è anacronistica per il periodo medievale.
LE NOVITÀ Pinna sostiene, invece, come si sia verificata per volontà di Guglielmo la trasformazione di una parte dell'impianto urbano di Cagliari "antica" in "Santa Igia"; che questa sia stata perseguita realizzando una cinta di mura per creare "la città" di un territorio, culmine simbolico e materiale della ventennale azione di governo del giudice, che ambiva essere qualcosa più di un giudicato: un regno capace di inglobare tutte le entità politiche esistenti allora nell'isola.
La cattedrale La storica Letizia Pani Ermini ha ritenuto possibile la congiunzione temporale tra il castrum cagliaritano attestato per il periodo bizantino e l'insediamento di Cagliari/Santa Igia della fine del XII secolo, a patto che si ipotizzi l'ubicazione della cattedrale nel suburbio della città romana tardo imperiale. Nell'Alto Medioevo una tale localizzazione provocò la creazione intorno alla cattedrale di un nucleo abitativo capace, poi, di generare un borgo fortificato. Di conseguenza, l'archeologa ha proposto per Santa Igia non una città giudicale di fondazione quanto la fortificazione di una civitas nata intorno alla chiesa di Santa Cecilia che, sorta come luogo cristiano, potrebbe essere divenuta in virtù della sua dignità episcopale anche il centro politico della città e aver dato o confermato il nome alla città.
Un documento del XIV secolo rivela che l'arcivescovado cagliaritano si trovava ancora allora a circa un chilometro e mezzo dalle mura di Castel di Castro, quindi non sulle rive dello stagno di Santa Gilla. E una conferma alla teoria della Pani Ermini si può trovare vagliando un dossier prodotto dalla curia arcivescovile cagliaritana del XIV secolo, contenente la Carta del giudice Orzocco Torchitorio, dell'XI secolo, la Carta dei giudici Benedetta e Barisone (1216) e la Carta del giudice Guglielmo II (1239).
DOCUMENTI Nella Carta di Benedetta e Barisone si parla di una "villa de panilio", che è la villa arcivescovile di Santa Cecilia, dove l'arcivescovo può tornare a godere degli antichi diritti a lui pertinenti e dei quali per un certo periodo non aveva potuto godere. Il contesto a cui si rimanda è quello degli anni di regno di Guglielmo di Massa, caratterizzati da una politica centralizzante, la quale portò a forti contrasti proprio con l'arcivescovo di Cagliari.
La "nuova" città potrebbe aver fatto parzialmente coincidere, nella giurisdizione civile, la "villa de panilio" arcivescovile, generando per questo ambiguità e probabilmente malumori sulla sponda ecclesiastica. Una Santa Cecilia - Santa Igia che documenti inediti localizzano in un'area molto più prossima al Castello di Castro di quanto non si pensasse prima. Come detto, l'arcivescovado, situato ai confini della città civile, si trovava a circa un chilometro e mezzo dalle mura del Castello e non sulle rive dello stagno di Santa Gilla, mentre la città civile si trovava, ovviamente, ancora più a oriente: la capitale, insomma, è sempre stata nel solito posto, più o meno spopolata, più o meno destrutturata, più o meno mal ridotta, ma che godette di una parziale riqualificazione urbana durante il regno di Guglielmo.
Appare quantomeno bizzarro supporre che nel XII secolo si sia abbandonato il sito secolare in cui si era sviluppato il centro più importante dell'isola per andare a costituirne uno ex novo in mezzo a paludi e canneti, come vuole la recente tradizione inaugurata dal canonico Spano. Lo studioso individuò nell'Ottocento una città sulle rive dello stagno e in essa riconobbe Santa Igia, quando oggi sappiamo che il centro individuato da Spano era in realtà un importante insediamento punico, sul quale si erano stratificati altri insediamenti, fra cui, anche, alcuni di epoca medioevale.
CORRADO ZEDDA
03/08/2010