Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Gioie, monili e tessuti L’arte popolare sarda trova casa in Cittadella

Fonte: La Nuova Sardegna
29 luglio 2010

GIOVEDÌ, 29 LUGLIO 2010

Pagina 41 - Inserto Estate

L’Isre trova finalmente sede nel cuore di Cagliari. Stasera s’inaugura un’imponente mostra di oltre duemila oggetti della collezione Luigi Cocco

PAOLO PILLONCA
CAGLIARI. Il Museo regionale etnografico avrà da oggi una sede nella Cittadella dei Musei. Conterrà i duemila oggetti (1997) della collezione Luigi Cocco: tessuti, gioielli, monili, utensili domestici. Il tutto è raccolto in una superficie espositiva di cinquecento metri quadri. Per la sua gestione, l’Isre avrà dalla Regione un finanziamento di 100mila euro l’anno. «Eus abetu una domu» (abbiamo aperto una casa): nella sua parlata di Capoterra, Maria Lucia Baire, assessore regionale alla Cultura, ha sintetizzato in quattro parole la fine di un iter lunghissimo, da record. C’è voluto più di mezzo secolo per far diventare un fatto concreto l’idea della legge regionale del 21 luglio 1954 n. 18 sull’acquisto della collezione Cocco. Oggi alle 19 l’inaugurazione ufficiale con Baire il ministro per i Beni Culturali Sandro Bondi il presidente della Regione Ugo Cappellacci, il sindaco di Cagliari Emilio Floris e il presidente dell’Isre Salvatore Liori. Ospite d’onore - annuncia il direttore dell’Isre Paolo Piquereddu - sarà Giovanni Lilliu, che dell’Isre è stato a lungo degnissimo presidente. Dopo la cerimonia, il Museo rimarrà aperto fino alla mezzanotte. «La fruizione sarà gratuita perché - ha detto ancora Baire - i finanziamenti pubblici debbono servire alla gente: non stiamo facendo nulla di eccezionale, ma solo il nostro dovere». La Baire ha annunciato anche l’apertura di altri musei regionali: Giudicale a Oristano e Sanluri, Tavolara a Sassari, dell’ Identità a Nuoro. Fruizione gratuita anche per i musei di là da venire.
La collezione Luigi Cocco (il magistrato cagliaritano assassinato a Genova dalle Br a metà degli anni Settanta) costò alla Regione 17 milioni, 25mila e 823 lire. Il prezzo fu stabilito dopo una perizia durata 37 giorni, dal 7 luglio al 14 agosto del 1953 da un triumvirato di esperti: Giovanni Lilliu, il giornalista Eusebio Birocchi e l’orafo Palladino. La “stima venale” di cui parlano i documenti ufficiali suddivide così le parti di spesa: quasi 14 milioni per i tessuti, poco più di 3 milioni per le argenterie, poco meno di 70mila lire per “oggetti vari”. Si tratta di materiale che la commissione ritenne pregevole e “di certo superiore come quantità, selezione e presenza di esemplari antichi, a qualunque altra collezione pubblica o privata che interessi il folklore isolano”. Gli esperti rimarcarono inoltre “la particolare cura, diligenza, passione e attitudine alla raccolta dimostrate dal comm. Cocco nel collezionare gli oggetti”.
Ma passarono 24 anni senza che si muovesse foglia. Il 24 gennaio del 1979 la Giunta regionale, presidente Nino Giagu De Martini, deliberò di affidare all’Isre (Istituto superiore regionale etnografico) la gestione del Museo che doveva ancora nascere, destinandogli uno spazio nella Cittadella. Volarono via altri 17 anni di dormiveglia: nel 1986 un decreto del presidente della Giunta Mario Melis disciplinò le forme di allestimento “secondo le direttive dell’assessore alla Cultura”. Ancora 13 anni di riposo, fino al 12 giugno 1999, quando fu firmato il contratto d’appalto dei lavori di allestimento tra l’Isre e la società Akraia di Torino. Ma la scadenza dei termini (“365 giorni naturali, continui e successivi alla data di consegna dei lavori”, come recita il verbale) fu una pia illusione se è vero che alla fine dell’odissea sono stati necessari altri undici anni e due mesi. Il direttore scientifico dell’Isre Paolo Piquereddu non nasconde la soddisfazione: «Sarà per noi l’occasione di operare concretamente anche a Cagliari. Il nostro è un istituto regionale, d’ora in poi potrà dimostrarlo davvero». Sul fronte dell’assessorato, i dirigenti rimarcano l’indubbia tenacia dell’assessore che «ha fatto piazza pulita dei ritardi residui e ha finalmente chiuso tutto». Era ora, si Deus cheret.