Parla Ulderico Pesce, in scena oggi al Teatro Civico di Cagliari
Il mito di Edipo non è altro che la ricerca dell'identità attraverso le domande: chi sono? Chi siete?». Chi è Edipo, giunto a Tebe. Chi è la madre Giocasta, vedova del re Lario e padre di Edipo, morto per mano del figlio che non sapeva di uccidere un genitore e accoppiarsi con l'altro. E chi è il pastore, fedele al sovrano, che però disobbedisce all'ordine di ammazzare un bambino portatore di sventura.
Essenziali quesiti nella tragedia, in un percorso di costruzione della memoria e dell'identità, affrontato dall'attore e regista Ulderico Pesce. Stasera, alle 21,30, al Teatro Civico di Cagliari, dirige Edipo Re - Da Sofocle a Pasolini , secondo appuntamento della Notte dei poeti 2010 organizzata dal Cedac.
Il testo è scritto con la collaborazione di Maria Letizia Gorga che è in scena con Maximilian Nisi. Sul palco sale anche il direttore del Centro mediterraneo delle arti, la compagnia che ha prodotto lo spettacolo. «Ho il ruolo del pastore che, rivelando a Edipo la verità, gli permetterà di recuperare il passato. E drammaturgicamente è importante che il recupero dell'identità sia possibile nella matrice primaria della natura».
Terra e latte, allora. Umanità vera fatta di pastori che tengono sulle spalle l'agnello appena nato e di decisioni prese in comune, democratiche. Nel palazzo risiede invece il potere con la sua tracotanza. «Edipo, per parlare alla folla che chiede al dio la liberazione dalla peste, usa la parola “calùmenos”. In greco antico significa “il famoso, il primo fra gli uomini”». Ma Edipo non sa ancora chi sia veramente. Quando lo saprà si priverà della vista ed esiliarsi. «Il suo insegnamento? Se l'uomo non si acceca non può vedere né il presente, né il passato e tanto meno il futuro».
E Pesce si riporta all'oggi, parlando di disabilità: «Il disabile è quello che vede, non quello che genera angoscia perché non produce». Il tema della transumanza pervade l'allestimento. I campanacci appesi in scena sono i segni arcaici di un'Italia dove la transumanza sopravvive solo in Basilicata, Abruzzi e Sardegna. Una resistenza, secondo l'attore, che da sempre fa teatro civile e, partendo dall'azione scenica, raccoglie firme direttamente sul suo sito (www.uldericopesce.it) per incidere su varie problematiche.
Migliorare il presente, quindi. Il futuro? «Un “non ancora”», lo definisce Pesce. Intanto nello spettacolo c'è un passato della pastorizia recuperato nei piccoli paesi: le musiche tradizionali Arberesh, i canti dell'emigrazione albanese in Basilicata e Calabria. E ancora i canti grecanici del Salento e della tradizione pastorale lucana.
MANUELA VACCA
18/07/2010