Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

«Aiutateci a salvare il nostro teatro»

Fonte: L'Unione Sarda
28 giugno 2010

Saline. L'edificio degli anni '30 ha bisogno di un restauro ma non ci sono i soldi

Il direttore artistico di Akroama lancia un appello ai privati
Bisogna intervenire per ridare splendore al teatro. Ora ci piove dentro.
Aiutateci a salvare il teatro delle Saline. A prendersi a cuore le sorti dello storico gioiellino incastrato nello stagno di Molentargius sono, ancora una volta, i padroni di casa, i soci dell'Akroama che ce l'hanno da sempre in concessione. È il direttore artistico, Lelio Lecis, a farsi carico di tutti i guai e a lanciare una nuova sfida per fermare il degrado in quello che è diventato «il centro artistico più bello e raffinato della città», riportato agli antichi splendori dalla compagnia teatrale (già teatro stabile di ricerca), che nel '91, con 2 miliardi di lire, l'ha ristrutturato e restituito ai cagliaritani. «Era un rudere», ricorda Lecis, facendo notare che le pitture sono quelle originali del '31, rinfrescate dai pittori di scena. «Ora chiediamo aiuto ai privati, perché non possiamo fare affidamento sui fondi pubblici», dice Lecis, regista e promotore di tanti spettacoli di successo che fanno ogni anno la felicità di 45 mila spettatori. Nei corridori le foto che raccontano la storia del teatro, con gruppi e artisti di fama mondiale, da Laurie Anderson ad Andrej Wajda di Cracovia, al Living Theatre.
L'EMERGENZA All'origine dell'affanno finanziario un pesante taglio dei finanziamenti regionali, ridotti dalla precedente giunta da 600 a 480 mila euro. Centoventimila euro in meno per l'Akroama, una perdita che poi si è perpetuata di anno in anno, moltiplicandosi di volta in volta. «Infatti questo disastro è figlio degli ultimi 5 anni», spiega Lecis senza polemizzare con l'esecutivo Soru, anche perché - aggiunge - «con la nuova giunta non è che la situazione sia migliorata». Il punto è che il teatro delle Saline ha ciclicamente bisogno di costose manutenzioni (si pensi che una parte è costruita su una falda acquifera), di cui l'Akroama si è fatta finora carico: i soci fanno quel che possono e anche in questi giorni, chiusa la stagione col 35% in più di spettatori, si continuano a fare i lavori più urgenti, oltre a smontare i lampadari che rischiano di abbattersi al suolo. Bisogna intervenire con una nuova ristrutturazione, per rimettere in sesto i soffitti con i suoi affreschi originali del '31 e gli intonaci delle pareti, gli infissi e le porte in legno che rischiano di marcire e la stessa facciata esterna dove intatta resta solo la sigla sopra il portone principale, OND (opera nazionale dopolavoro), una delle poche cose che aveva resistito già alla guerra e all'incuria del tempo. «Da quei cornicioni filtra l'acqua piovana e l'ultima alluvione è stata per noi una mazzata: mi spiace vedere ogni volta che vengo una mattonella in meno, oltre al non trascurabile problema della sicurezza dei visitatori, molti dei quali bambini delle elementari e studenti delle superiori con cui abbiamo 2700 abbonamenti». Anche il vialetto è dissestato a causa delle radici dei pini, e sarebbe bello arricchirlo con un bel giardino, visto che lo spazio non manca. Naturalmente ci sarà da intervenire anche sugli impianti, per esempio su quelli dell'aria condizionata, morti da tempo.
L'INTERVENTO Lecis spiega che «noi continueremo a fare la nostra parte anche se, per mancanza di soldi, abbiamo dovuto licenziare per la prima volta in 30 anni una decina di persone, per poter recuperare risorse: ci siamo presi la briga di intervenire per fare un paradiso di quest'area, che deve essere bella perché il teatro lo merita, essendo non il più grande ma il più bello della città che conserva ancora il suo sapore antico, oltre a mettere a disposizione quasi 400 posti e un'acustica fantastica. Oggi basterebbe un intervento di 4-500 mila euro: speriamo che i privati ci aiutino con le forme più opportune, magari con la vendita di una poltrona per 10 anni. Se sono società potranno scaricare i soldi dalle tasse. Il teatro ricorderà per sempre il nome del benefattore, anche dedicandogli un mezzo busto».
CARLA RAGGIO

27/06/2010