Anche bambini malati nell'insediamento a ridosso di viale Monastir. Il Comune: «Sono abusivi, nessuna assistenza»
Le giornate? Lavoro nero nei cantieri e accattonaggio
In via Gherardo delle Notti nove mesi fa è sorta una piccola baraccopoli abusiva: qui vivono circa venti rumeni, tra cui molti giovani e bambini piccoli. Uno è malato.
A Ninuz il senso dell'umorismo non fa difetto: «Altro che condizionatore: senti che vento di montagna!», dice indicando una finestra, rigorosamente senza infissi, affacciata sui terreni incolti alle spalle di viale Monastir. Dall'apertura in realtà filtra aria calda, mista al fumo delle erbacce che bruciano pochi metri più in la, in un barile di metallo. Nella casupola di blocchetti grigi il tetto è in eternit. «Qui vivono in quattro», racconta il ventunenne, arrivato dalla Romania nove mesi fa.
LA BARACCOPOLI È stato lui il primo a colonizzare questa ex fattoria abbandonata e trasformarla in una piccola baraccopoli. Dove vivono sei famiglie, quasi venti persone. E dove non ci sono bagni, la luce elettrica arriva grazie a un generatore di corrente a gasolio, e i bambini - cinque - giocano in mezzo all'immondizia. Tanta immondizia: copertoni di camion, vecchie batterie d'auto, lastre di amianto, divani che hanno vissuto tempi migliori, reti metalliche, pezzi di utilitarie e barche. Gabriel ha 15 anni e ieri si è svegliato alle 7.30. Alle 8 era già in viale Elmas, di fronte a un supermercato, per chiedere l'elemosina. Guadagni magrissimi: «Sette euro in una mattina», sorride mentre conta le monete facendole scivolare dalla mano destra alla sinistra. Qui, dove via Gherardo delle Notti diventa una strada sterrata che si allontana dalle concessionarie d'automobili e dalle officine meccaniche, è nato un nuovo campo nomadi. Su un terreno privato dove da tempo, raccontano i giovani immigrati, non si vede più il legittimo proprietario. «Sappiamo che c'era una causa in corso, comunque nessuno ci ha mai detto di andarcene», spiegano loro in maniera un po' fumosa.
L'ORGANIZZAZIONE Il complesso di costruzioni diroccate è su una collina da cui si vede una bella fetta di Campidano. Ogni famiglia ne ha preso una. Ninuz è sposato e ha due figli. Poi c'è lo zio, Stefan, anche lui sposato e con due bambini piccoli. Gli uomini vivono di elemosina e quando va bene, non sempre, riescono a lavorare alla giornata in qualche cantiere. In nero. Le donne rimangono nella baraccopoli insieme ai bambini. Uno di loro ha meno di tre anni e una malattia che non gli fa muovere le braccia. «Va tutti i giorni a Selargius, per fare una terapia».
Nella favela i bagni non esistono: «Andiamo nei campi». Si cucina con fornelli di fortuna, attaccati alle bombole di gas. Nessun frigorifero, nessun tavolo. Ci si siede su vecchie poltrone rotte e sedili di automobile smontati e poggiati per terra. Da queste parti il lusso è una doccia. Ninuz, Nello e Stefan ne hanno costruito una dentro a un edificio che assomiglia a una vecchia stalla. Hanno messo sul tetto un bidone azzurro, collegato a un tubo chiuso da un rubinetto: «Bisogna riempire la riserva. In un'ora l'acqua si scalda, almeno adesso che è estate».
I CONTROLLI Due giorni fa nel campo sono arrivate un paio di Volanti: normali controlli. L'area è privata, nessuno ha denunciato l'occupazione abusiva, dunque le forze dell'ordine non possono far molto in questa situazione. Nel Comitato provinciale per l'ordine pubblico non se n'è mai parlato. Eppure, tirando le somme, si tratta di venti persone, tra cui molti bambini e ragazzini minorenni, che vivono in condizioni che hanno poco a che vedere con l'umanità.
I SERVIZI SOCIALI L'assessore alle Politiche sociali Anselmo Piras chiarisce: «È un campo non autorizzato, non possiamo dare assistenza. Spetta ai vigili urbani verificare se ci siano delle irregolarità, noi interverremo in caso di sgombero, se qualcuno ha bisogno di aiuto». Ma per ora sembra che nessuno abbia chiesto la liberazione dell'area che i romeni dicono di aver occupato nove mesi fa. Il comandante del corpo di polizia municipale Mario Delogu infatti spiega: «Si tratta di un'area privata. Ci risulta che ci sia un contenzioso tra il proprietario del terreno e il conduttore del fondo, che era stato condannato a svolgere dei lavori di bonifica. Ma quelli sono edifici privati, noi senza una denuncia non possiamo far nulla».
Dalla baraccopoli Ninuz chiede aiuto: «Viviamo solo di elemosine, non siamo delinquenti. Abbiamo bisogno di vestiti. Dateci una mano, vi prego».
MICHELE RUFFI
27/06/2010