Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

L'occhio dei parartisti sulle città del mondo

Fonte: L'Unione Sarda
22 giugno 2010

Zena El Khalil è un'artista di origini libanesi. Nata nel 1976 a Londra, vive e lavora tra Beirut e Torino. Alla sua amata città, sgretolata sotto i raid aerei, ha dedicato un libro dal titolo “Beirut, I Love You”. Una sua grande opera occupa oggi una delle torri del Castello di San Michele e recita “La pace sia con te”. È una scultura ricoperta di una miriade di specchietti illuminai da una luce fucsia, che con il suo continuo movimento vuole opporsi all'immobilismo di chi non fa niente contro la guerra.
Zena è solo la punta di diamante della nuova mostra collettiva, “About the city”, organizzata dalla Fondazione Bartoli-Felter con il patrocinio degli assessorati alla Cultura e alle Politiche sociali del Comune di Cagliari e del Rotaract, e visitabile al Castello di San Michele fino al 30 agosto.

 PARATISSIMA Da questo antico sito si domina la nostra città a 360 gradi ed è alla città e alle sue molteplici sfaccettature che si sono ispirati i quarantacinque artisti in mostra, alcuni dei quali, spiega Alessandra Menesini, curatrice dell'esposizione, «sono stati segnalati da Paratissima, il movimento di parartisti che, nato nel 2005, si pone come alternativa al mondo ufficiale dell'arte contemporanea».
In una generale contrapposizione tra colore e bianco e nero, tra caos, silenzio e solitudine, le opere raccontano la moderna vita urbana, i neon, le luci, i muri graffiti, le automobili che sfrecciano, le stazioni della metropolitana. Città come Cagliari, Beirut, Liverpool, Bucarest o New York che si aprono alla convivenza di molteplici culture ma che spesso si dimenticano dei più deboli.
CAPE TOWN Così, mentre Cape Tawn in questi giorni ha puntati su di sé i riflettori per i mondiali di calcio, la sudafricana Lindeka Qampi rivolge il suo obiettivo impietoso sulle baracche della bidonville, Marta Fontana e Andrea Pili parlano di integrazione utilizzando tessuti che provengono da tutto il mondo e Giulia Barranu, nei suoi scatti in bianco e nero, decide di regalare il colore agli invisibili, ai vecchi, ai mendicanti, agli storpi.
Come invisibili sono i venditori ambulanti di Francesca Chiacchio, completamente ricoperti degli oggetti che trasportano. Tra i vari linguaggi artistici la mostra evidenzia una netta prevalenza della fotografia e anche là dove viene scelta la pittura questa sembra gareggiare con la collega più oggettiva. Si vedano a tal proposito i dipinti di Antonio Bardino che intrappola la torre del T hotel in una selva di rami o il raffinato olio su lino di Andrea Chiesi.

 FOTOGRAFIA Davide Bramante attraverso la tecnica della sovrapposizione fotografica esaspera il dinamismo frenetico delle metropoli. Il titolo del suo lavoro, “Time Square”, facilmente suggerisce il confronto con alcuni oli dedicati al medesimo soggetto da Costantino Nivola a partire dalla metà degli anni Quaranta. Ma se per “l'oranese a New York” il cromatismo vivace aveva una funzione semplicemente descrittiva, qui il colore strilla, stride, deforma e trasforma la visione oggettiva della realtà. Sono i ritmi frenetici della vita urbana che spesso si riflettono nel disordine degli interni domestici. Così come ci racconta Demelza Spiga che dipinge le sue “eroine”, nella confusione più totale, alle prese con una problematica toilette mattutina.
E se Valerio Barracani con il suo “Il muro del pianto”, di foscoliana memoria, fa riferimento all'importanza dei luoghi di sepoltura per la memoria dei vivi ciò che emerge dallo scatto di Daniele Testa è il profilo di una città in rapido e completo disfacimento.
MARZIA MARINO

22/06/2010