L'inchiesta. Le imprese fatturano in media 150 mila euro. I proprietari: «Abbiamo spese di gestione elevate»
Ogni chioschetto paga al Demanio 381 euro al mese
Il canone pagato dai chioschi del consorzio Poetto service è di 4.574 euro all'anno, per un fatturato medio di 150 mila euro.
Prendete il Twist, il Capolinea, il Palm Beach, il Nilo, il Miraggio: sulla carta hanno una concessione di 332 metri quadrati, circa 50 coperti da una struttura «di difficile rimozione». Nel 2009 quindi dovrebbero aver pagato 3.872 euro di canone demaniale, più 702 euro di sovracanone. Totale: 4.574 euro (fonte: Poetto service) per avere un rettangolo di sabbia al Poetto, business garantito almeno sei-otto mesi all'anno, ovviamente tutto al netto degli abusi contestati ad alcuni dalla procura della Repubblica e dal Comune. Un “affitto” dell'arenile di 381 euro al mese su cui si basano gli affari all'ombra della Sella del diavolo. Poco? Molto? A ciascuno la sua opinione.
I COSTI Sergio Mascia, presidente del consorzio Poetto service (oltre agli stabilimenti citati, sono titolari di una concessione identica Bon ton, Fratelli Carta, Noi due, Aramacao, Barbara Caboni, Kairos, Francesco Demontis, Giovanni Cogoni e Cinzia Erriu) ammette che il canone non è elevato ma non è l'unica spesa per un chioschetto: «La tassa sui rifiuti è salatissima. Poi dobbiamo pagare l'Ici e a tutto questo dall'anno prossimo si aggiungeranno i costi di rimozione». Alcuni, come l'Emerson, le Palmette, l'Oasi, pagano di più - fino a 15 mila euro di canone annuale - ma le aree concesse sono decisamente superiori.
L'INVESTIMENTO Per costruire dei baretti «a norma», quelli che dovrebbero cominciare a vedersi dopo l'estate, ogni imprenditore ha messo in conto una spesa di circa 150 mila euro. Un investimento valido fino al 2015, data in cui scadranno le concessioni attuali e quindi gli spazi sulla spiaggia verranno riassegnati con una gara pubblica. Nel frattempo, quanto fattura ogni chiosco? «Una media di 150 mila euro all'anno», spiega Mascia, «ovviamente guadagna di più un'attività della prima fermata, un po' di meno chi lavora nella zona dell'ippodromo».
OBBLIGHI ACCESSORI Alberto Bertolotti, presidente regionale del Sib (Sindacato degli imprenditori balneari), dice che però «ci sono moltissime limitazioni, diverse da quelle delle normali attività commerciali cittadine». Ad esempio: «Ci sono servizi di pubblica utilità, come la pulizia dell'arenile nelle aree limitrofe a quelle concesse, la vigilanza a mare. Ancora: allargando il discorso a tutta l'Isola, nel 90 per cento dei casi si tratta di strutture che devono essere rimosse con oneri operativi mostruosi. Al Poetto sarà così dall'anno prossimo. E a differenza delle altre regioni, i canoni vengono pagati».
GLI STABILIMENTI Il Lido invece, che ha una concessione di 19.085 metri quadri, su cui è stata costruita una discreta quantità di cubatura, paga 180 mila euro all'anno. Dà lavoro per 12 mesi a 10 persone (diventano 50 durante la stagione estiva) e fattura «circa un milione di euro», come certifica Sergio Porcedda, amministratore dello stabilimento. «Ma versiamo anche 140 mila euro di Tarsu», aggiunge. Lo stesso discorso vale per il D'Aquila: qui la concessione è più grande (27.019 metri quadri) ma l'area edificata è inferiore, quindi il canone si ferma a 137 mila euro. Cinque dipendenti fissi, altri 20-25 stagionali. Tutto per un giro d'affari di 800 mila euro all'anno.
MICHELE RUFFI
22/05/2010