Concerti. L'orchestra macedone e il maestro insieme sul palco del teatro Massimo
Ipnotica, trascinante, inebriante: quando la musica è magia
Il suo momento pulp, Romeo Scaccia lo ha avuto qualche anno fa: gli è “esplosa” una finestra basculante e un coccio gli ha tranciato il braccio sinistro, poco sopra la mano. Prima che lo cucissero, mentre il sangue usciva a zampillo, lui aveva solo una preoccupazione: provare se le dita rispondevano ancora agli impulsi elettrici dei neuroni-tasti bianchi e neri del suo cervello. Quindi “suonava” il lettino del pronto soccorso. I tendini erano scampati. Quando gli chiedi se ci ha messo un'assicurazione sopra, a quelle mani diafane e delicate, sorride. Ancora no. Incosciente, questo nostrano Allevi (ma forse anche meglio). Posseduto dal pianismo, dal senso della composizione, da quello dell'improvvisazione. Diplomato a Cagliari, in seguito due accademie, Budapest e Amsterdam, in contemporanea, e Boston, al famoso Berklee College. Poi una continua sperimentazione, perché la formazione classica gli sta strettina. Complice l'amico multimediale Francesco Casu, ecco le incursioni nell'elettronica, con pianoforti che da diverse capitali europee componevano una sola melodia a Macerata e Cagliari.
E altre cose difficili da capire, se non le senti. Come difficile da rendere senza audio è il meticciato fra la Kocani Orchestar e questo straordinario pianista, concerto che si è tenuto, in prima assoluta, l'altra sera sul palco del Teatro Massimo di Cagliari, per la tredicesima edizione del bel festival “Forma e poesia nel jazz”, a cura di Shannara, che del concerto ha fatto la produzione.
L'idea di Nicola Spiga è stata vincente. E se come luogo sarebbe stato più consono lo spiazzo dove la domenica mattina si tiene il mercatino zingaro, il pubblico alla fine si è messo comunque a ballare, lasciando le poltrone di velluto del teatro e accerchiando i musicisti scesi dal palco. Perché la musica balcanica trascina in ritmi ancestrali e risveglia la primitiva natura nomade che cova sotto le genti mediterrane. E la formazione dei dieci musicisti macedoni più l'ipnotico cantante Demir Shakirov, si è impastata con le mani impazzite di Scaccia, alle volte schiacciando sotto le fanfare e gli striduli acuti delle trombe le incursioni dai tasti bassi agli alti. Ma altre volte lasciando la veemenza per la dolcezza di dialoghi fra piano e voce sola, o qualche strumento solo.
Allora lì si capiva meglio il talento di Scaccia, come, alla fine, nel mix fra Il volo del calabrone e la Marcia turca di Mozart, con la Cokani che andava dietro all'ardita scorribanda pianistica come i topi dietro al pifferaio. Ma prima c'erano stati altri brividi: Non potho reposare, cantata da Shakirov, potrebbe diventare un nuovo inno all'ibridazione, alla transumanza della musica. All'incontro fra popoli. Dove Bach, De André, le scale arabe, il tempo a sette ottavi, le danze fra musicisti, si fondono per ribadire che la musica supera tutte le barriere e le tramuta in magia.
RAFFAELLA VENTURI
21/05/2010