Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Shel Shapiro, l'antinostalgico

Fonte: L'Unione Sarda
4 luglio 2008



Sono passati più di quarant'anni da quando Shel Shapiro piombò per caso in Italia dall'Inghilterra: alla guida dei Rokes doveva accompagnare Colin Hicks. Poi, nel nostro Paese il gruppo incise "Piangi con me".
Il brano finì al primo posto in America e fu così che David "Shel" Shapiro non andò più via, diventando in Italia l'icona della musica beat. Naturalmente, gli abiti postmod sono in soffitta da un pezzo, ma per il resto, il fondatore dei mitici Rokes non ha perso l'energia e l'appeal di un tempo. Parla a ruota libera di Sarà una bella società , un ritorno sincero e senza nostalgia alle canzoni degli anni Sessanta, con qualche slancio in avanti, che domani alle 21 andrà in scena all'anfiteatro romano di Cagliari per il primo appuntamento con La notte dei poeti, e domenica ad Alghero, nel teatro Forte della Maddalena, in occasione della settima edizione di Festivalguer. Un viaggio a metà strada tra musica e parola, per raccontare un'epoca, i sogni e le sue disillusioni di una generazione ancora oggi mitica, almeno nei ricordi. Una macchina del tempo con la quale sorvolare, oltre a successi personali storiche hit targate Bob Dylan, , Beatles, Cat Stevens. Ma anche Cheryl's going home che in italiano suona più familiare col titolo Che colpa abbiamo noi e E' la pioggia che va , versione nostrana di Remember the rain .
Allora mister Shapiro, come le è venuto in mente di immergersi in quegli anni? Proprio uno come lei che nel corso della carriera non si è mai voltato indietro.
«L'idea è stata del mio produttore, Marcello Corvino. Visto che sono un antinostalgico per eccellenza, confesso che da principio ho storto il naso. Poi ne ho parlato col mio amico Edmondo Berselli, intellettuale, musicologo, sociologo, scrittore, editorialista di Repubblica».
E cosa le ha detto?
«A lui l'idea è piaciuta e così mi ha convinto a partecipare a questa avventura. Devo dire che ho accettato perché Edmondo ha scritto il testo dello spettacolo, e con uno come lui al tuo fianco, si è sempre sicuri del risultato. Io, invece, ho pensato alla musica e ho curato gli arrangiamenti. Dallo spettacolo è stato tratto un disco, intitolato "Acoustic Circus" (prodotto da Promo Music e distribuito da Egea, ndc) a cui ha preso parte il noto bluesman Fabio Treves, che ha messo la sua armonica in tre brani».
Celebrazione del '68? Nostalgia di quegli anni? Voglia di raccontare il clima di un'epoca? Cosa c'è alla base di "Sarà una bella società"?
«Il desiderio di rimettere dei paletti sugli anni Sessanta. Che non sono gli spettacoli di varietà che Rai Uno mandava in onda il sabato sera. Gli anni Sessanta sono un'altra cosa: sono stati provocatori, e anche pericolosi. A mio parere, i ragazzi negli ultimi venticinque anni hanno avuto una visione distorta di quel periodo».
Periodo che i giovani di allora vivevano con un motto ben preciso: "non fidiamoci di chi ha più di trent'anni". E che le generazioni di oggi magari farebbero bene a recuperare…
«Necessario. Per i giovani d'oggi rifarsi a quel modo di pensare è diventato inevitabile».
All'inizio della carriera in Italia i Rokes vendettero più dei Beatles. Oggi qualcuno compra ancora i vostri album?
«Qualcosa si vende ancora. È chiaro che i Beatles restano i Beatles anche a distanza di tanti anni, ma c'è stato un periodo in cui i Rokes hanno venduto davvero tanti dischi. Avevamo una popolarità pari a quella che Vasco ha oggi».
Cosa pensa del rocker di Zocca?
«È il più grande. Tra lui e Ligabue c'è un abisso. Anche dal punto di vista culturale la differenza si sente». C'è un gruppo del nostro Paese che negli ultimi anni in qualche modo le ha ricordato la sua band?
«Quando le Vibrazioni sono comparse sulla scena, un po' mi hanno ricordato noi a quell'epoca. Oggi il modo di affrontare la musica è molto diverso da quello di un tempo».
I Rokes piacevano sia a destra che a sinistra…
«Eravamo svincolati dal pensiero politico, come del resto tanti gruppi di allora. Eravamo un gruppo di ragazzi che volevano più libertà e basta. La prima volta che conobbi Mario Capanna, del quale sono grande amico, mi disse: "Che strano, pensavo foste fascisti". Risposi: "Mario, ma come c… fai a pensare una cosa del genere? Cosa abbiamo mai fatto per darti un'idea di questo tipo?».
Che genere di musica ascolta?
«Ascolto il jazz di Bollani e Rava, Giovanni Allevi, che conosco da un bel po' di tempo, i Negramaro. Prendo nota di quello che mi succede intorno».
Compreso il ritorno del vinile…
«È una forma di marketing, un gioco. Un gadget, come le pennine con le donne nude».
E della musica scaricata gratuitamente da internet, che dice?
«E un grande errore. La musica va pagata. Il cinema lo paghi? Sì. Perciò anche la musica".
Chi è oggi Shel Shapiro?
«Uno che vive con la musica e con il teatro. Non con il denaro».
CARLO ARGIOLAS

04/07/2008